Certe volte quando li osservo così, goffi, insicuri, titubanti, mi pervade un sentimento di tenerezza e di protezione che quasi mi spiazza. Ieri, il Suv del malacarne parcheggiato in divieto, bloccava mezza strada e costringeva gli automobilisti a una specie di senso unico alternato e sebbene avessi intuito che sarebbe stato un tentativo velleitario ne ho comunque apprezzato l’impegno. Si è avvicinato al Suv lentamente, ci girava intorno cautamente, come fanno gli artificieri nei film quando sospettano che ci possa essere un ordigno. In cuor suo sperava che il proprietario si facesse vivo e spostasse il veicolo senza bisogno di intervenire con multe e verbali, un’alibi per la sua coscienza, un gentleman agreement valido giusto il tempo di allontanarsi da lì, poi, oh, se quello mi prende in giro e ce la rimette, io che ci posso fare? Lui si è accorto che lo stavo fissando interessato e ha subìto il colpo, prima mi ha odiato, poi, forse un po’ mortificato ha preso coraggio e si è diretto da un altro malacarne che gestisce, in mezzo alla strada, un baracchino di non meglio specificati servizi turistici, per chiedergli se sapesse dove fosse il proprietario del Suv. Non ho sentito esattamente cosa gli ha risposto, ma dalla gestualità ho capito che il malacarne dei servizi turistici deve aver detto una cosa tipo “mpare lassa peddere, fatti nu giro e non ci scassare a minchia che stiamo travagghiannu”. Deve essere stato così perché lui effettivamente è andato via imbarazzato e anche io mi sono allontanato deluso e ho pensato che magari era andato a chiamare rinforzi, il carratrezzi, il comandante, l’assessore per uno di quei blitz che poi finiscono sui giornali e invece niente, quando sono ripassato due ore dopo, i clacson suonavano impazziti e il Suv era sempre lì, in divieto, a bloccare mezza strada.
