2022

A tutti i folli, i solitari, i pitarri, gli spittuni e la gente per bene. Quelli che col tampone da cinquanta euro è super green pass e quelli che bramano la quarta dose; quelli che la mascherina sempre sotto il naso e quelli che non l’hanno cambiata mai; quelli che è tutto un pretesto; quelli che restiamo umani e quelli che di umano hanno ben poco; quelli che parcheggiano in doppia fila e quelli che le piste ciclabili poi non passa l’ambulanza; quelli che non raccolgono la cacca del cane e quelli che la pestano; quelli che telefonano ai Vigili Urbani e non risponde mai nessuno; quelli che si svegliano presto; quelli che annaffiano le piante nei vicoli di Ortigia o sui balconi di Neapolis; quelli che differenziata non ne faccio perché tanto poi buttano tutto assieme; quelli che non pagano la Tari; quelli che lavorano coi bambini dei quartieri a rischio; quelli che a Capodanno sempre a ballare e ora si stanno a casa; quelli che solo caipirinha alla fragola e quelli che la Vecchia Romagna già nel primo caffè del mattino; quelli che corso Gelone è come gli Champs-Élysées; quelli che la pizza non è bruciata, noi la facciamo così; quelli del fritto misto solo coi calamari; quelli che il Corvo glicine caldo a ventidue euro; quelli che cercano sempre di propinarti il cerniotto di venti chili da fare alla matalotta; quelli del Cenone di Capodanno con il crumble, il dressing, il chutney e il cavatello homemade; quelli col pos sempre rotto; quelli che passeggiano quando tira il vento e il lungomare è deserto; quelli che si fregano la tassa di soggiorno; quelli che sparano i fuochi d’artificio ogni notte; quelli che viva Santa Lucia prima Dio e dopo Idda; quelli dei biglietti gratis al Teatro Greco e quelli che pagano sempre; quelli che la zona industriale è ancora la Sincat; quelli che hanno le macchine con l’adesivo Camel Trophy Borneo ‘85; quelli che la tua invidia è la mia fortuna; quelli che solo destagionalizzando e poi non sanno che diavolo vuol dire; quelli che guardano le onde; quelli che aspettano le barche che entrano in porto; quelli che accolgono gli ultimi; quelli che e io pago e poi non pagano mai niente, quelli che sono sempre loro e non ce ne libereremo mai, quelli che dicono ambo quando esce il primo numero alla tombola; quelli che hanno sprecato tutte le occasioni; quelli che hanno paura del tempo che passa; quelli che hanno avuto una brutta notizia; quelli che cercano un cestino; quelli che trovano l’amore; quelli che si ricordano tutto e quelli che fotografano le discariche; quelli che cantano sottovoce; quelli che non sanno perdere; quelli che non sanno vincere; quelli che sono l’opposto di quello che postano; quelli dell’offerta culturale a spese degli artisti; quelli che si credono artisti; quelli che si indignano; quelli che se ne fottono; quelli che scrivono le lettere e quando finisci di leggerle hai gli occhi pieni di lacrime; quelli che sono nati ieri e quelli che sono rimasti bambini; quelli che Siracusa è troppo bella; quelli che si sentono fregati; quelli che sono rimasti soli; quelli che scappano via e quelli che rimangono qui. 

Buon Anno da Archimete Pitacorico.

Luci a Siracusa e Premio Vittorina

Luci a Siracusa, al via la sesta edizione del Premio Vittorina. Da non confondersi con il Premio Vittorini, passato in secondo piano per gli scoraggianti risultati di un sondaggio tra la popolazione siracusana che alla domanda: “conosce Elio Vittorini?”, ha risposto nel 86% dei casi “è una marmitta per scooter”. Il Premio Vittorina invece vuole onorare la memoria di Vittorina Carnemolla detta “a sciarrina”, la donna siracusana rinomata per il suo astio immotivato nei confronti della più famosa nobildonna Christiane Reimann. Pur non avendo donato il suo patrimonio al Comune di Siracusa, Vittorina ha lasciato ai siracusani qualcosa di più importante: il gusto della polemica fine a se stessa, l’insulto senza motivo, il colpo al cerchio e quello alla botte. Per questi inestimabili lasciti morali, Siracusa ha deciso festeggiarla con un Premio alla sua memoria. Il Premio Vittorina è senza dubbio uno degli eventi culturali più importanti della stagione e una vera e propria eccellenza siracusana che continua ad attirare l’attenzione di sciarrine, attaccabrighe e provocatori da ogni angolo del mondo.

Occasionissima

Causa annullamento capodanno clandestino in scantinato alla Borgata, svendo 12 casse Drecker e Wuberbraü da 66 cl;

6 casse Asti Cinzano 2008 spumante dolce;

4 bottiglie come nuove Amaro Petrus;

2 Vov astucciato vintage,

batteria 120 razzetti assicuta femmine;

numero 8 scatole Raudi e Minerva made in Cina, vergognomi assai ma necessito soldi droga.

And so this is Christmas

– Tanti aucuri, buon natale, pigghiamuni stu cafè

– Auguroni anche a te e famiglia… aspé ca pigghiu a mascherina na machina…

– Futtatinni, un minuto po cafè… mettiti u magghiuni sopra u nasu… due caffè signorina, uno con un tito di Vecchia Romagna e tu?

– Io un po’ lunchetto

– Allora? Ieri sira ha stato ni Nuccio?

– No, a quale Nuccio… ni sciarriammu pa casa di Tivoli i me nanna!!! Si voleva pigghiari tutti cosi… Non ci pallo più… ci appa mettere l’avvocato!

– Veramente?

– Voleva rapìri na pizzeria… un pazzo!

– E quinti c’ha fattu?

– Ci misi l’avvocato!!!

– No, no, ieri sira…

– A vigilia sempre ni me soru, u 25 ni me cugnata e u 26 iucamo e catti a casa i me soggira… sempre i stessi cosi… ma picchi mu dumanni?

– No, nenti, iaiu u portabagagli ra machina chinu i panettoni attigginali, pantori, torrone e giggiulena… ma cosi boni… praticamente li sto recalanto… ci su faccìti, mantorlati… fai un ficurone… anche come recalo.

– Ti ringrazio ma tipo ne ho quacche cinque sutt’all’abbero… macari ci sentiamo pe capotanno per quacche bummicedda…

– E che pobblema c’è, tranquillo… ni sintemo u 31 su Uotsappi… mi arriva l’infenno: batterie, fontanelle, assicuta fimmine, bencala… tutte cose…

– Girantoline pe picciriddi?

– Mpare, tu accattiti du batterie i cincucento coppi po terrazzo e i girandole te le recalo io… 

Buon Natale in famiglia

Dopo il Mercante in Fiera con le malattie – proposto senza successo perché nessuno voleva partecipare all’asta delle carte, (Mamma, mi compri l’epatite B? No, Tesoro hai già la bronchite e le pustole, basta così) – mio padre qualche anno fa volle sperimentare la Tombola del Popolo.

I principi base erano quelli della tombola tradizionale ma con un nuovo regolamento cervellotico, infernale e contorto che riusciva a scontentare tutti. Il gioco prevedeva pesanti restrizioni, multe salate e confisca di cartelle a chi diceva per esempio: tombolino oppure ampo alla chiamata del primo giannetto. Ogni richiesta al cartellone: «è uscito il 23?», aveva un prezzo, 50 centesimi e se il giocatore continuava a fare domande, a pagare sarebbe stato anche il giocatore seduto alla sua sinistra.

Per i premi era prevista una insulsa redistribuzione delle risorse: donazioni controvoglia, prelievi forzosi e altre nefandezze senza logica e basate sul caso.

Il concetto di base è che anche se si fa cinquina, non è detto che la vincita sia reale. Dichiarando il punto e dopo la verifica da parte del cartellone, interverrà una fantomatica commissione di saggi munita di mazzo di carte siciliane e di taccuino con codici e leggende. Il giocatore dovrà pescare una carta e ad ogni carta è associata un’azione. Gli scenari sono mutevoli: si può essere fortunati e vincere il proprio premio, oppure questo può essere confiscato e aggiunto al monte premi della tombola; può essere considerato pensione d’oro e decurtato di una percentuale a favore del cartellone, oppure donato forzatamente al giocatore che ha già fatto la quaterna, cose così.

Abbiamo fatto due giri, poi sono cresciuti i malumori, la tensione nell’aria era palpabile, i parenti si guardavano con sospetto e cattiveria mentre mio papà aveva un ghigno beffardo, tipo Travaglio a Otto e Mezzo. La situazione stava precipitando tanto che è dovuta intervenire mia mamma per dire: basta giocare, adesso apriamo il panettone delle Tre Marie.

Piattume

È come un peso che ti schiaccia, inesorabilmente, prima piano, poi sempre più forte fino a levarti il respiro. Il fatto è che Siracusa è una città piatta e triste anche nel caos, perché tutto è ormai consentito e tollerato. Parliamoci chiaro, il bello delle infrazioni è farla franca, rischiare, il brivido della trasgressione, l’adrenalina del parcheggio senza pagare, il brusco risveglio mattutino con la consapevolezza di avere lasciato la macchina sul marciapiede, sulle strisce o sullo stallo del bus hanno senso solo se sono mosse della grande partita a scacchi con l’establishment. Se invece tutto rimane impunito, se non c’è un fischio inesorabile e pronto a rimarcare le regole, una multa sotto il tergicristallo, una rimozione forzata a che serve infrangerle? Le città culturalmente dinamiche vivono questa meravigliosa dicotomia, qui, neanche questo.

Atmosfere

Ieri, il numero di auto che forzavano le transenne e percorrevano il ponte umbertino per entrare in Ortigia era spropositata, imbarazzante, circa una ogni dieci. Nel frattempo, cinquanta metri più avanti, c’era uno che inveiva contro una vigilessa: “intanto a rucazione, testiminchia!”, le urlava nel disinteresse generale. Una musichetta natalizia fuoriusciva da un negoziato di genere alimentari, una coppia di anziani passeggiava tenendosi per mano, un picciuttazzo buttava a terra un pacchetto di sigarette vuoto e si rivolgeva all’amico, “a st’ura ci stavavnu facennu u vebbale!”. “Minchia di cantri…” commentava l’altro. Poi, senza casco, montavano su uno scooter e andavano via in controsenso.

Diffidenze

– Mpare! Mpareeee, femmiti, aspè!

– Che è successo?

– M’hai fatto a prima dose.

– Minchia, finalmente…

– Ma tu u sapevutu ca AstraZeneca ha canciato nome?

– Sì, da un po’…

– Ora si chiama tipo Vaxzanzibar, na cosa accussì

– Più o meno… non mi ricordo…

– A ti pare giusto? Picchì nunnu scrivi?

– Ma Cosa?

– Ca uno pigghia e cancia nome, accussì e i cristiani moruno.

– Ma non muoiono per il cambio di nome e comunque è una notizia che già è stata data…

– Ma quannu? Chisti su pazzi.

– Scusa, ma ti hanno fatto sto Vaxcomeminchiasichiama?

– Sì, ci pensi? I pigliava a tumpulate a tutti pari pari… Ammia u Faitz mana fatto.

– Benissimo, ma allora che t’interessa…

– Ma che è democrazia chista? Ora Faitz domani si chiama Minchiacabbola e Modenna u chiamano… chissacciù… Crastone e poi io ci tonno pa seconta dose e non si capisci chiù nenti… è fatto apposta, avanti… se u sapeva prima non mi facevo pungere… minchia di bastaddi!