Affari di famiglia

L’ho capito immediatamente che se ne era andato quando ho letto un post che diceva: “era meglio Roger Moore”. No, no sono affatto d’accordo, per me, in quella parte, Sean Connery era impareggiabile e “Thunderball” e “Goldfinger” restano ad oggi i film di 007 più completi. Certo, Pierce Brosnan era un gran fico e Daniel Craig ha svecchiato il personaggio con dei risvolti inediti, ma i completi su misura e l’Aston Martin coupé celebrata anche da Spielberg in “Prova Prendermi” non sarebbero stati così iconici se a indossarli o a guidarla fosse stato un altro. 

Di film Connery ne ha girati tanti nella sua carriera, non tutti leggendari, questo è vero, tanto che alcuni critici, in passato, hanno messo in discussione il suo talento e ci può anche stare, quello che non può essere negato invece è il suo essere stato un grande personaggio. Come un buon vino, invecchiando è migliorato e il tempo che passava, le rughe che gli scavavano il viso, i capelli e la barba bianca, lo hanno trasformato e reso più versatile e completo. Nella sua lunghissima filmografia, a parte i film di 007 – tralasciando quell’apocrifo “Mai dire Mai” dove a diciassette anni di distanza vestiva di nuovo i panni di un imbolsito James Bond –  e “1885 la prima grande rapina al treno”, al fianco di quel geniaccio folle di Donald Sutherland, i film migliori per me si concentrano nella seconda metà degli anni ’80. Non so se si tratti di una coincidenza o dipenda dal fatto che in quegli anni si completa la mia passione per il cinema  e che li abbia rivisti decine e decine di volte, comunque, in ordine di uscita le sue interpretazioni imprescindibili sono: lo spadaccino Ramirez mentore di Highlander; Frate Guglielmo da Baskerville (Il nome della rosa); Jimmy Malone, il vecchio poliziotto incorruttibile (Gli Intoccabili); Henry Jones Sr, il padre Indiana Jones (Indiana Jones e l’ultima crociata) e Jessie Mcmullen l’anziano ladro di “Sono affari di famiglia” un film così massacrato dalla critica che penso sia piaciuto solo a me e al regista Sidney Lumet. 

La notizia della sua morte, immagino serena, a 90 anni, mentre dormiva nel letto di casa, mi ha turbato. Ho pensato a mia mamma che è stata una sua grande ammiratrice ed a una storia che francamente non so se mi sia stata raccontata veramente o sia il frutto della mia immaginazione, anche perché, se ci ripenso, trovo molto improbabile che nel 1966, a nemmeno 15 anni, mia mamma, in gita a Londra con suo papà e le famiglie degli altri operai dell’Enel, in uno di quei viaggi aziendali che erano delle vere e proprie epopee ferroviarie, lasciò il gruppo e insieme e ad un’altra ragazza, si avventurò da sola per le strade della metropoli inglese fino a raggiungere la casa di Sean Connery, bussò alla porta chiedendo di lui e una governante antipatica le disse che no, Sean era via chissà dove a girare un film. C’è un aspetto sfuggente e allo stesso tempo molto profondo che è difficile da spiegare, è come un filo invisibile che unisce dei punti, spazio, tempo e figure a cui sono legato più di quanto voglia ammettere. Sean Connery era una di queste, ma potrebbero essere George Harrison, Immanuel Kant, Michele Alboreto, Eric Hobbsbawm, Bud Powell, Gabriel Garcia Marquez o Paulo Roberto Falcao, solo per citarne alcuni. É un legame per osmosi, un legame che ha a che fare con quella grande e variegata cultura condivisa di una famiglia. Ogni famiglia ha la propria e dentro ci sono anche canzoni, film, battute, romanzi e aneddoti ripetuti allo sfinimento. Il quest’ottica, per me, Sean Connery non era semplicemente Sean Connery, ma molto di più: è mia mamma bambina che chiede al cassiere del cinema di poter entrare in sala per parlare urgentemente con suo padre, ma è solo una scusa per vedere un pezzo di film perché suo padre non è lì ma a lavoro, è Paul Simon che canta Graceland dall’autoradio Blaupunkt del camper, sono i dialoghi surreali dei film riportati nella vita reale, andare in bici con Fausto il pomeriggio dopo la scuola, il tuffo in piscina dopo il trionfo del Settebello a Barcellona ’92, è tempo che passa e un tassello che salta e quando uno si ferma a pensarci e si guarda indietro, inevitabilmente si ritrova gli occhi pieni di lacrime. 

La frase più bella del mondo

Prima erano solo dei particolari pittoreschi e romantici di uno scorcio mattutino, adesso sono tra i miei più acerrimi nemici. Sono loro, i pescatori amatoriali del lungomare di levante e in particolare i due che stazionano sotto casa mia. Arrivano a bordo di Punto grigie che parcheggiano con cura e senza pass negli stalli residenti, aprono i bagagliai e cominciano a tirare fuori la loro attrezzatura che organizzano e stoccano sul marciapiede. Prima di iniziare, “sduacano” intere ceste di pane raffermo giù dal muraglione che, voglio dire, certamente sarà ecologico, ma in estate, quando quelli del solarium accanto si fanno il bagno tra scolli, manuzze e bocconcini, è come nuotare nella cambusa del Titanic mentre sta affondando. Comunque, con gesti precisi e accorti innescano gli ami delle loro canne e cominciano a lanciare. Io, lo dico subito, non ho niente in contrario con l’antica arte della pesca con la canna, anzi, quando ero bambino e passavo le estati nella villetta al mare dei miei nonni a Caponegro,  anche io la praticavo. Andavo con mia mamma, all’alba, il gamberetto come esca e due cimette da quattro soldi. Pescavamo mazzoni, vavuse, pesci cavalieri e una volta una piccolissima cernia che mia madre mi convinse – con grande difficoltà – a ributtare in mare per il bene dell’ecosistema marino di Avola. Quello che è certo è che non è vero che la pesca è un’attività rilassante, anzi, sicuramente non lo è per un bambino, ma insegna a mantenere la calma, ad avere pazienza, a capire che non sempre si può ottenere quello che si vuole e soprattutto aiuta a rispettare la natura, gli esseri viventi e tutto quello che ci circonda.

I pescatori del lungomare di levante invece, almeno i due che stazionano sotto casa mia, di tutto quello che li circonda se ne stanno fottendo. Ho provato in questi mesi a farli ragionare, a chiedergli di spostare la macchina e lasciare parcheggiare chi ne aveva diritto, a evitare di occupare tutto il marciapiede con la loro attrezzatura e permettere anche agli altri di passarci sopra ma non c’è stato verso. Ho chiesto ai vigili ma ho ricevuto in risposta un’alzata di spalle, forse – mi sono detto – ci sarà un’accordo tra il Comune e il sindacato o l’associazione di categoria di riferimento, che garantisce il parcheggio impunito senza pass, non so. Ho provato anche ad impietosirli, quando all’ennesimo giro alla ricerca di un parcheggio, in un sabato di agosto, sotto un sole cocente, con una neonata a bordo che piange a dirotto per la fame, mi sono fermato accanto e li ho guardati con due occhioni languidi, sperando che capissero la situazione e che almeno uno dei due, mosso a compassione, spostasse la sua Punto grigia in doppia fila per permettermi di tornare a casa. Zero, niente, funce, il più anziano manco si è girato e ha continuato a fumare, l’altro ha fatto un gesto con la mano come a dire: ma chi bboi? 

È una guerra persa e non c’è niente che si possa fare per ribaltarne le sorti, anche perché gli altri vicini si sono rassegnati ed io, nel mio piccolo, mi limito ad azioni di disturbo, ma poca roba, tipo che se devo uscire e sto per salire in macchina e mi accorgo che uno di loro è appostato dietro per prendersi il posto che sto lasciando, cambio programma, non esco più, torno indietro, vado a casa e disdico l’appuntamento o non faccio la spesa o annullo qualsiasi altra cosa avessi in programma. A loro non interessa, fanno i superiori, mi guardano con sufficienza perché sanno benissimo che nel giro di pochi minuti, qualcun’altro salirà in macchina e lascerà un posto vuoto. C’è un unico evento foriero di grandi soddisfazioni, certe volte, nella quiete della prima mattina, con il mare così calmo che le correnti ci disegnano sopra linee e sfumature e il sole che ha appena scavalcato la linea dell’orizzonte, certe volte dicevo, se si è fortunati si può sentire un grido disperato e poi la frase più bella del mondo: “minchia, arruccai! Buttana ra miseria.”. 

Angosce

– Pemmesso, pemmesso, scusi c’ho fretta…

– Signora ma c’è la fila, aspetti il suo turno.

– No! ma io non devo prendere ippane ma le zippole qua fuori!

– E che fa, non può aspettare?

– Ma se su i sei menu cincu! I ristoranti chiutono!!!

– Intanto si metta la mascherina, ma poi, u zippularo chi è ristorante?

– Ma cui? Macari chistu ca fora?

– Certo, lo chieda qui, alla cassa…

– Scusi signorina, i zippule a che ora chiutono?

– Signora, il panificio chiude alle 20:00

– Macari i zippule?

– Sì.

– Piii! Meno male, mi sta savvando la vita, che se non ci potto le zippole colla nutella a me figghia chidda si mette a ghittari uci e mo marito non si po’ talari a pattita ra e ci ietta uci i supra!

Uilliam Tiralonco

Scuote le coscienze il tema che un giovane alunno siracusano ha voluto dedicare al sindaco Italia.

Aieri matina vinni a scola u sintaco, una persona che o sempre voluto incontrare. U visti na vota sula, caminava ca bicicletta e Cammelo, me cucino, ci vuleva tirare na gran pallunata. Iu ci rissi, statti femmu, è il mio itolo. Dice che a venuto a scola pi fari l’inaugurazione delle nuove classi che ci anno dato per la scola e ora a detto il sindaco e anche la presite, bonu chiù coi doppi turni che mio padre, che di pomeriggio si cucca, si era scassato la minchia. Mi ho messo seduto a sentire che diceva e a aspettare di fare un seffi. Dopu vinti minuti ancora parrava e mi stava calannu u sonnu, poi ha dittu: avanti, facemuni sti fotografie però tutti che mascherine, uno alla votta e niente assempramenti. Allora tutti i picciotti sana susutu e sana misu in fila iu era tezzuttimo. Il mio cuore si e riempito di gioia quanto il Sintaco ha detto: aspè, prima facemu chiddi abbuddati. Allora ci scippai re manu u telefono a Rizzo ra tezza B ca è scimunito e mi ci appresenti davanti e ci rissi: sintaco, grazie per quello che fai del coronavirus. E lui mi a sorriso e mi ha detto: preco e il mio dovere e poi mi ha fatto: ma tu comu ti chiami e io emozionato ce l’ho detto, Uilliam Tiralonco.

 

Immaturi

Questo DPCM è la dimostrazione lampante del livello scadente di questa classe dirigente. Non è una questione di forze politiche, movimenti e partiti e non sarebbe cambiato nulla se al governo ci fossero stati quelli del Papete o i nostalgici negazionisti. C’è uno scollamento sempre più preoccupante tra Paese reale e classe politica, è una deriva sempre più evidente e non si tratta dei singoli provvedimenti per i ristoranti, le palestre, le scuole o i cinema, né delle discrepanze e delle illogicità che chiunque di noi ha riscontrato leggendo il documento del Governo. Il problema serio è la totale mancanza di programmazione e il fallimento di qualsiasi politica di prevenzione e di preparazione alla seconda ondata. Abbiamo parlato per un’estate intera dei banchi con le rotelle e ci siamo dimenticati di potenziare gli ospedali e di assumere personale medico e paramedico, ecco, questo è il risultato. Certo, noi ci abbiamo messo del nostro, ce ne siamo infischiati allegramente, abbiamo lasciato la mascherina appesa al retrovisore della macchina credendo che il pericolo fosse scampato e invece non era così e adesso ci permettiamo di fare anche gli indignati, gridiamo al complotto, alla dittatura e invochiamo libertà. Ma in una società democratica libertà è prima di tutto responsabilità e consapevolezza e non “faccio quello che cazzo mi pare”.  

Chiudere i ristoranti alle 18:00, impedire alle palestre di aprire è uno sbaglio, non c’è dubbio, ma fino a qualche giorno fa, in tanti ristoranti e in tante palestre c’era un bordello immondo di persone appiccicate l’una a l’atra e senza lo straccio di una mascherina e il fatto era talmente normale che i social sono inondati di selfie e di foto che lo testimoniano. Ha senso generalizzare e penalizzare in toto una categoria? Secondo me no, è la cosa più sbagliata e diseducativa che si possa fare eppure, i provvedimenti del DPCM si muovono in questo senso. Forse quello che ci vorrebbe davvero è proprio l’educazione, educare un popolo ad essere maturo, equilibrato, se ne gioverebbe anche la classe politica. Invece, anziché fare delle regole generali, anche restrittive, e permettere alla persone per bene di lavorare e portare avanti la propria attività, hanno preferito chiudere indistinatmente e penalizzare alcune categorie, anziché predisporre controlli serrati e pene esemplari per chi sgarra (sospensione della licenza) hanno preferito mortificare chi ha lavorato nel rispetto delle regole.

Tra qualche mese arriveranno i soldi dell’Europa e il Governo elargirà un contributo, una mancetta, anche questa in maniera indistinta e ci diranno che più di questo non possono fare e che dovremmo ringraziare perchè loro hanno agito per il bene del Paese. Invece si poteva fare meglio e si doveva fare meglio, si poteva programmare, si potevano trovare soluzioni meno drastiche se solo ci avessero pensato in tempo e poi, scusate, ma come si fa a dire “per il bene del Paese” e contestualmente chiudere cinema e teatri lasciando le persone davanti alla tv? 

Pure dio ci a abbantonato – Il glossario dei commenti social alla nuova ordinanza Musumeci

– Mi sto confontendo ma i necozzi al Aucian chiudono sempre alle 14 e chi aprono a fare

– Pure dio ci a abbantonato

– Mi raccomando tutti a casa mi riferisco agli italiani così le città se le prendono gli immigranti questo e il piano dei politico

– Ma u pilates nella palestra si può fare o chiudono a palestra?

– Chiudi i confini e blocca i potti e gli aeropotti non i negozi che qua la gente dobbiamo mangiare

– Ci vorrebbe un bel roco alla regione

– I picciotti delle superiore a casa che escono coi motorini e quelli delle elementare a scuola che invece si potessero stare a casa

– Affuchiti co spago ra sasizza bastaddo

– Allora dovete chiudere anche le fabbriche che muoiono la gente di tumore

– Chiude tutte cose e se ne va da Bocelli minchia chi si bello… ma manco t’affrunti

– Ma se finisco di mangiare alle 22:58 poi chi fazzu? Mi cucco no ristorante?

– Musumeci u sai unni ta po mettere a mascherina

– Pu merde dalle 23 fino alle 5 a come negli orari che non c’è quasi nessuno in giro soprattutto che ormai non e come in estate già e mezzanotte non c’è quasi nessuno in giro merde e mentre qui a Noto il concerto di Bocelli a perché colle catte da cento non ce ne covid 19 bastardi , girano pure film dopo a situazione merde Amia nn mi comandate nessuno merde ma sucati

– Ah si è per giusta causa io tasse non ne paco più viremu cu e chiù spetto

– Dobbiamo fare come a napoli e fare a manifestazione contro il sindaco basta

– Ma che spacchiò è sta dad usate parole italiane

– Bravi così chiutento le scole i racazzi fanno assempramento nella piazzetta di viale tica

– Quindi chiudono i cinema e se uno si ha comprato i biglietti ro vasqz olline chi fa ci ritornano?

– Cunnuti manciatari, tuttu stu buddelli pi manciarivi i soddi i l’europa!!!

– Ordinanze a destra ordinanze a sinistra ci dovete dare i soddi per campare oppure u stipendio vostro re cinquestelle ca siete entrati coi jins ra fera e ora siti tutti allicchittati e vistuti dolce e gabanna.

Un po’ di buon senso

Amico mio,

ma davvero te la sei presa perchè non ti ho stretto la mano e al supermercato non ti ho salutato con due baci? Vedi che non c’è niente di personale ma, ne abbiamo già parlato, c’è in atto un’epidemia abbastanza seria che ha colpito tutto il mondo. La curva di contagio è tornata a crescere in modo esponenziale e anche qui da noi i casi sono in aumento per cui è necessario fare attenzione, perchè i virus mica li puoi fermare facilmente, non c’è modo. Il virus per una natura è subdolo, un bastardo mutante e solo una cosa gli interessa fare: riprodursi all’interno delle nostre cellule. Del resto è un parassita, hai presente? Sono sicuro che vivendo qui, qualcuno lo conosci anche tu. In più è anche piuttosto smaliziato perchè ogni tanto muta, cambia e si evolve come un consigliere comunale impazzito e poi, minchia, vallo a riconoscere.

Se un virus influenzale ha una mutazione genetica, come nel caso di questo Coronavirus qua, due su tre ci scappa la pandemia e allora, per non peggiorare le cose, occorre attenersi a dei protocolli sanitari piuttosto semplici. Niente di trascendentale: lavarsi spesso le mani, utilizzare la mascherina, distanza di sicurezza, evitare luoghi affollati e appunto, niente strette di mano e baci. Queste semplici regole possono aiutare tantissimo a tenere circoscritto il contagio.

Non è più tempo di distinguo, di “non ci credo”, di “stanno esagerando” e “sono tutte minchiate”. C’è un problema e occorre comportarsi di conseguenza. Non va demonizzato né sottovalutato e sebbene in molti casi si presenti senza sintomi, è un virus che fa danno e colpisce con complicanze gravi le persone con altre patologie e gli immunodepressi, quindi ci obbliga a prenderlo sul serio, sia per tutelare queste persone, sia per non mettere sotto pressione un sistema sanitario claudicante.

Ti ricordi cosa è successo questa primavera in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che sono regioni all’avanguardia in termini di sanità? Ecco pensa cosa potrebbe succedere qui in Sicilia, dove, se si escludono alcune eccellenze, la situazione ospedaliera è ai minimi termini. Senti a me, prendi queste precauzioni e cerca di stare più attento, vedrai che passerà.

Nel 2021, presumibilmente, il vaccino sarà pronto e il pericolo di contagio scongiurato e torneremo a darci il cinque, ci abbracceremo, ci baceremo sulle guance e andremo a bere il caffè, seduti attorno ad un tavolino di plastica di un dehors abusivo del centro storico, riprenderemo i nostri discorsi appassionati e saremo uno di fronte all’altro, così vicini che a un certo punto ti dirò: “ma che è sta merda? Ti sei preso il ginseng? Con la cipollina? Ma che schifo!”.   

Stupidistan

Domani mattina, domenica 18 ottobre, alle 11:30, per Marzamemi Book Fest, avrò il piacere di presentare “Stupidistan”, l’ultima fatica letteraria di Stefano Amato edita da Marcos Y Marcos. L’appuntamento è al Cortile di Villadorata a Marzamemi, la puntualità è gradita, la mascherina obbligatoria. Parleremo di Sicilia, siracusanità, immaginari distopici e possibili futuri inquietanti. A chi si presenta con il colletto della polo alzato e con i capelli rasati ai lati e lungi in cima, una copia autografa del romanzo e un buono da due euro per un Gratta e Vinci al tabacchino della ciazza!