L’ultimo smacco

Sgarbi vince ancora: la processione di Santa Lucia si terrà a Rovereto. Il simulacro argenteo della  santa patrona è già in viaggio, accompagnato dalla carrozza del senato, da una delegazione di devoti della Deputazione della cappella di Santa Lucia, un plotone di Cavalieri di Malta a cavallo e gli ex onorevoli Vinciullo, Lo Curzio con l’ex consigliere comunale Sorbello che, come tre Re magi, porteranno in dono cuccìa, torrone e giggiulena.  Dopo una prima tappa a Sala Consilina, la carovana si sposterà verso nord attraverso un percorso stabilito che prevede le tappe di Teano Est, Roncobilaccio, Cantagallo e Adige est, prima di giungere nel Comune trentino dove sarà accolta dal tipico urlo “Roveretana Je”. Intanto a Rovereto fervono i preparativi per l’ottava: è  corsa contro il tempo per terminare la costruzione di un nuovo ponte sull’Adige su cui fare transitare il simulacro e permettere a tutti i cittadini di chiedersi: “end’el Santa Lucia?” e di rispondersi: “Al pent!”, in attesa che Ferruccio – il consulente artificiere amatoriale della Mazzarrona, fortemente voluto dal critico d’arte e pagato a peso d’oro dall’intera collettività – dia fuoco alle polveri rompendo il silenzio della notte e illuminando il cielo di giochi pirotecnici senza marchio CE.

 

Dalla parte delle donne

Assopanini e Confcavallo non ci stanno e lanciano la nuova campagna ADV interamente dedicata alle donne. Pronto il tutorial per ordinare in maniera intrigante un cavallo e sbizzero e scegliere i condimenti dalla vetrina senza sbilanciarsi in maniera goffa. La pedana del food truck si trasforma in un palcoscenico, tra schiene inarcate per raggiungere una vaschetta di patatine e ginocchia all’insù mentre si beve un sorso di Dreher dalla bottiglia. Con il tutorial di Assopanini e Convcacallo anche i funchetti e la sassaemayoness diventeranno voluttuosi e piccanti come il più focoso ogghiu re pipi.

 

 

Buon Compleanno

Mi ricordo che un momento prima sonnecchiavo sul divano mentre la mamma guardava uno dopo l’altro, gli episodi di The Good Fight, che è una serie legal, spin-off di The Good Wife e un attimo dopo scendevo di corsa le scale trascinando un trolley e un borsone con una targhetta a forma di orsetto con il tuo nome. Era notte fonda e non abbiamo incontrato anima viva, le strade erano deserte, a un certo punto è partita New York I Love You But You’re Bringing Me Down di LCD Soundsystem, il tempo si è sospeso e ho avuto la sensazione di raggiungere Catania in un attimo. Durante il tragitto non facevo altro che chiedere a tua mamma: “quante sono?”, “ogni quanto?”, “sono forti?”, “come ti senti?”, ed a cercare di rassicurarla: “stiamo arrivando”, le ho detto, che non avevamo nemmeno imboccato il ponte umbertino per uscire da Ortigia. 

Io mi aspettavo di trovare il pronto soccorso ostetrico pieno di gente, famiglie catanesi, parenti altrui intenti a fumare, bere caffè, buttare voci e scrivere sui muri cose tipo: “oggi è nato Bred quattru chili e quattru u masculuni i papà” oppure “Sant’Agata ci ha fatto la grazia 3700 chili di amore benvenuta principessa Sharon Graziella Agatina Carnemolla”, insomma, ero preparato al peggio invece, con mio sommo stupore, non c’era nessuno. la mamma ha citofonato e l’hanno fatta entrare, io sono rimasto fuori, in una sala d’attesa vuota. Le cose sono andate per le lunghe, la mamma aveva le contrazioni ma non abbastanza frequenti e probabilmente, se fossimo stati di Catania o ci fossero state più persone in attesa ci avrebbero mandato a casa, ma non l’hanno fatto. La mamma è uscita per dirmelo, abbiamo concordato sul fatto che chiamare i nonni e farli correre in ospedale alle quattro di notte sarebbe stato superfluo, del resto, ci sarebbe voluto ancora molto tempo, ci siamo dati un bacio e poi lei è rientrata e io sono rimasto a guardia di quella porta in quella sala d’attesa vuota e anche se i dottori dicevano che ci sarebbero volute ore e mi consigliavano di andare in macchina a riposare, io da lì, non me ne sarei andato mai. Ho messo gli auricolari e iniziato ad ascoltare una selezioni di canzoni che stavo preparando per te, ho pensato ad una moltitudine di cose, alla mamma, a mia nonna Michela, a una lettera che mi scrisse mio padre per il mio primo compleanno fuori di casa, a quando suonavo ed a tutte le gioie, i dolori, le soddisfazioni e le cadute di una vita, poi è sorto il sole. Tua mamma era ancora attaccata al tracciato e allora, mi sono preso il permesso di andare a cercare un distributore automatico di caffè, ne ho bevuti due di seguito, preso una bottiglietta d’acqua e sono tornato di guardia.

In un modo o nell’altro le ore sonno passate, sono arrivati i nonni e ci siamo tenuti compagnia, ogni tanto la mamma scriveva e ci aggiornava sulla situazione. La sala d’attesa non era più vuota, c’erano un signore cingalese con due bambini piccoli ed educatissimi; un ragazzo molto giovane insieme alla suocera che avrà avuto la mia età e una signora col marito che aveva accompagnato la figlia. Poi il sole è tramontato e si è fatta sera ed è uscita un’infermiera che mi ha detto che c’eravamo e che se volevo assistere al parto dovevo indossare camice e calzari. Mi sono precipitato dentro e ho visto la mamma, stanchissima ma determinata come solo lei riesce ad essere. Mi sono piazzato accanto, quasi di trequarti e ho fatto quello che la stragrande maggioranza dei padri fa durante un parto: niente. Avrei voluto fare come nei film, tenerle la mano e dirle parole incoraggianti forse l’ho fatto, questo non me lo ricordo, l’ostetrica aveva tutto sotto controllo e la mamma era concentrata come non l’avevo mai vista nemmeno sotto scadenza di qualche causa milionaria.  

Poi è stato tutto un rincorrersi di immagini indelebili ma scollegate tra loro, come se fossero state montate da un regista pretenzioso, ci sono flashback, digressioni, fast forward e cose così, fino a quando sei arrivata tu ed eri esattamente come ti avevo immaginata, avevi lo stesso profilo di una delle prime ecografie che avevamo fatto, l’unica che avevo fotografato e che tenevo nel telefono. Ma la cosa che mi ha colpito di più sono state le tue mani, con le dita così affusolate, minuscole e perfette. Sei stata per qualche minuto abbracciata alla mamma e poi ti hanno portato via per adagiarti in una specie di scaldavivande, che mi ricordava quegli aggeggi delle colazioni degli alberghi dove tu inserisci la fetta di pane e il nastro inizia a girare e ti consegna il prodotto mediamente tostato e tu sei costretto a prendere la fetta e a farle fare un altro giro mentre, dietro di te, si forma la coda di persone impazienti. Io ti ho seguita e ho assistito impotente mentre una dottoressa arrivata dal nulla, ti bucava il tallone per lo screening neonatale e poi ho risposto a una specie di questionario:

– Nome?

– Emiliano

– Non il suo, quello della neonata.

– Mi scusi, Bruna.

– Padre?

– Io 

Insomma, cose così, al limite del surreale e tua mamma, dalla sala operatoria, mentre le davano dei punti, rispondeva correttamente, ad alta voce. Questa è materia sua, io la conosco, le sarà venuto in mente qualche codicillo o un precedente in una sentenza che avrà letto per caso e avrà pensato: metti che questi per un errore nelle risposte mi levano la bambina. 

Non è successo e dopo qualche giorno siamo tornati a casa ed eravamo in tre. Abbiamo iniziato a conoscerci e scoprirci, giorno dopo giorno e anche se questo è stato un anno complicato per tutti, con la gente chiusa in casa, le paure, le sofferenze e la socialità ridotta ai minimi termini, a me non è pesato, perchè stare con te e la mamma, osservare i tuoi progressi, scoprire la tua personalità in divenire è stato meraviglioso. Mi sarebbe piaciuto portarti in giro, viaggiare, frequentare i nostri amici che praticamente nemmeno ti conoscono, ma lo faremo, non ti preoccupare, nella vita bisogna anche saper aspettare.  

Sono quasi le sette e tra poco vi sveglierete e io non voglio perdermi nemmeno un minuto di questo giornata. Ti auguro di avere sempre la vitalità e la curiosità di questo primo anno insieme e che possa essere felice, anzi, come dice la nonna Teresa, che tu possa impegnarti ad essere felice. Non sarà sempre facile, dovrai dedicarti tanto e imparare a vivere le emozioni, belle o brutte che siano, nella giusta misura. La vita è un viaggio – e anche se questa è una metafora abusata – io ti auguro lo stesso di esplorare e di scoprire sempre posti nuovi, in giro per il mondo, in un libro, una canzone, una persona o una passione. Io e tua mamma, finché potremo, saremo sempre pronti a sostenerti, a darti consigli non richiesti, moniti, rimproveri e tutto il corollario di avvertimenti che ti faranno imbestialire. Così vanno le cose, ma per questo c’è ancora tempo.

Ecco, ti sei svegliata, sei in piedi dentro la culla e sorridi, hai sempre sorriso, la mamma ti sta cantando “Perchè è una brava ragazza” ma tu hai già adocchiato il computer e stai dicendo “Babran, ba ba ba”, è un segnale inequivocabile, chissà da dove nasce questa tua passione per i Beach Boys. Le note di Barbara Ann hanno riempito la stanza e stiamo tutti cantando e ballando in pigiama.

Buon Compleanno amore mio

Il tuo papà

Ossi di seppia e camperetti

Pioggia che cadi acida sulla città d’amare,

avvolgi quel semaforo intelligente che regola senza regole

il caos di un mattino di novembre.

Lo strillare impunito dei clacson impazziti si fa canto soave e s’addensa

e accompagna l’attesa incompiuta del verde contemplare di luci.

Solo una mano può metterci in salvo,

solo la tua, Vigile Urbano. 

È arrivato il momento di lasciare quel bar.

Caravaggio, c’è un piano d’emergenza

Caravaggio, Pronto un piano di emergenza. Non convincono del tutto le rassicurazioni del Prefetto sul rientro del dipinto del Merisi per le celebrazioni della santa patrona. Per ovviare a quella che potrebbe essere una malafiura senza precedenti, Comune e Regione stanziano i fondi per due dipinti da esporre rispettivamente nella Basilica di Santa Lucia e nella chiesa della Badia. Il primo è un omaggio al Giudizio Universale di Michelangelo Buonarroti: un frammento che mostra Dio  proteso a sfiorare con un dito la mano di Vinciullo. Il secondo è l’opera di un giovane artista di Pedagaggi dal titolo “Madonna con bambino, Sant’Andrea, Sant’Anna e il Senatore Lo Curzio”. 

Cichiss

C’è una colonia di gatti che caca davanti al mio portone. Ogni giorno, una cacata nuova si somma e si impasta all’intonaco scozzolato dei vecchi palazzi di Ortigia e del garage abusivo e ormai sanato dal tempo, tirato su da qualche “spittuni” chiudendo uno dei vicoli che da Vittorio Veneto portavano a mare. Non ho una grande passione per i gatti ma li rispetto in quanto esseri viventi, per esempio, ce n’è uno rossiccio con tre zampe, che è sempre sul chi vive, evidentemente si porta ancora dietro lo shock dell’incidente, allora io, quando lo incrocio gli concedo il passo, faccio in modo che non scappi con quel suo incedere caracollante e insicuro e gli lascio il passaggio sul marciapiede o addirittura attraverso, per non recargli alcun disturbo. I gatti della colonia felina sono tutti ben nutriti e ricevono quotidianamente razioni di cibo, croccantini e scatolette. L’anno scorso, uno bianco e nero, doveva essersi in qualche modo affezionato perchè me lo trovavo sempre accanto: dietro l’angolo appena lo giravo, sotto la macchina o davanti al portone. Poi si è scocciato perchè ha scelto un altro angolo e la macchina di qualcun altro, ma del resto, io mi limitavo a sorridergli, a salutarla e poco altro. Comunque, la questione della cacca dei gatti davanti al portone è una bella rogna. Guai a uscire o fare rientro a casa soprappensiero, è un lusso che non possiamo permetterci. Bisogna sempre stare all’erta, controllare ogni singolo passo o farne uno più lungo della gamba. Col passeggino poi, dobbiamo produrci in pericolose evoluzione alla Holer Togni, con passaggi su due ruote o salti alla Bo e Luke di Hazzard. Per ovviare al problema ho comprato una scopa di saggina che lascio nel piccolo androne e quando posso, spazzo lì davanti, ma è solo un palliativo, mi limito a spostare la cacca da A a B, ma il giorno dopo, siamo punto e a capo. La scopa, tra l’altro, se la sono pure fregata, lasciandomi con una sensazione di impotenza e di fastidio.

Anni fa, una volta ogni due mesi circa, passava uno spazzino, arrivava a bordo di una Ape, un moncherino di scopa a mo’ di vessillo faceva capolino da un bidone nero posto sul cassone, lasciava il mezzo in mezzo alla strada e si dirigeva verso il lungomare, si accendeva una sigaretta e se la gustava a profonde boccate, appoggiato alla ringhiera, poi la spegneva e cominciava a spazzare per terra e con mio grade stupore, arrivava fino al mio portone e quando vedeva dei gatti gli gridava: “Cichiss”. Quelli sì che erano bei tempi, quando cinque o sei volte l’anno passava lo spazzino a ripulire ed era come vivere a Merano, a Baden Baden, a Tromsø. Da qualche anno non spazza più nessuno, l’angolo dove è allocato il mio portone è in completo abbandono e tutto il lato sinistro del lungomare è sommerso da cumuli sempre più alti di escrementi di animali, delle vere e proprie collinette di merda compatta, ci sono sacchetti di spazzatura che si decompongono abbandonati tra le auto parcheggiate, carte insivate da arancini troppo unti, cartacce e bicchieri di plastica da cocktail risalenti all’estate passata e lasciati lì dai giovani fruitori del solarium di fronte. Ci sono anche due bottiglie di birra, sono lì da così tanto tempo che gli abbiamo dato dei nomi: Margareth, la Corona con la buccia di limone marcio dentro e Sophie, una Beck’s da 66. Mia figlia, ormai le riconosce. Ogni tanto, prima dell’alba, un rumore assordante mi desta dal sonno, è il fracasso del cosiddetto lavaggio strade: un macchinario con due spazzole rotanti avanza lentamente sul lato mare sollevando pruvulazzo, al suo fianco, un uomo munito di cannone soffiatore indirizza tutta la sporcizia  e la merda verso l’altro lato della strada, poi, soddisfatti vanno via.

Sto guardando

Chissà cosa scatta in ognuno di noi quando ci addormentiamo esausti sul divano guardando la tv e allora la persona al nostro fianco prende il telecomando e cambia canale e noi ci svegliamo di soprassalto e indignati e diciamo: “no, che fai, rimetti lì, lo sto guardando” e quella, sconsolata, asseconda la nostra richiesta e allora noi ci riaddormentiamo soddisfatti.

Parcheggio Mazzanti 2.0

Arriva la conferma dalla Regione e dal Vermexio: il Parcheggio Mazzanti, la grande opera pubblica incompiuta e spauracchio di qualsiasi campagna elettorale, verrà rimesso a nuovo e trasformato in una sala polivalente, attrezzata per spettacoli, concerti, sport e per i bootcamp e la finale del Premio Tiche. Il bonus licenze commerciali e la defiscalizzazione della carne di cavallo e dell’olio esausto per le zippole, sommati al ricco cartellone di eventi d’amare, saranno la spinta propulsiva alla rinascita commerciale della zona. Per diventare immediatamente eseguibile però, il progetto dell’Ex Parcheggio Mazzanti, prevede la costruzione limitrofa e in calcestruzzo depotenziato, di un nuovo parcheggio multilevel per i fruitori dell’ex Parcheggio Mazzanti.

Parchi cittadini è subito polemica

Riunione fiume in Giunta per trovare una soluzione definitiva dopo i ripetuti episodi di vandalismo nei parchi di quartiere. Tutte valide le strategie all’ordine del giorno:

– Drastica: bombardare le zone con napalm nel tentativo di radere al suolo ogni cosa.

– Psicologica: convincere gli abitanti dei quartiere che tutto va bene e che si tratta di una nuova concezione di parco smart 2.0.

– Scarica Barile: affidare la gestione ad una associazione no profit… Cazzi Vostri.

– Religiosa: trasferire all’interno dei parchi alcune copie della statua di Santa Lucia e sperare nel potere deterrente della fede e della superstizione.

Il Comune ha preferito optare per la soluzione Scarica Barile e in una cerimonia solenne, ha affidato la gestione del parco Robinson di via Algeri a 50 bambini. Grande soddisfazione da parte dei genitori dei prescelti fino a quando non è stato fatto notare che non si tratta di un affido simbolico ma che le spese per le utenze, pulizia e verde pubblico ricadranno sul bilancio familiare di ciascuna famiglia.

Intanto, come un fulmine a ciel sereno, arriva il ricorso al Tar dell’Associazione “Scippo”, molto attiva sul territorio e con una sola missione: trasformare il fenomeno delle baby gang in eccellenza siracusana. L’Associazione sembra avere le idee chiare vuole fare valere i suoi diritti dopo l’annullamento del bando truccato e dei finanziamenti a fondo perduto sottratti con dolo alla Comunità Europea, grazie ai quali, il Parco Robinson potrebbe essere affidato ad una cooperativa di picciotti di squadra senza Durc. Un polo d’eccellenza che sfruttando i buchi della fumosa alternanza scuola-lavoro, dovrebbe essere capace di formare le nuove generazioni di malacarni attraverso un complesso programma didattico incentrato su scippo e borseggio, impennata molesta, inglese, piccola estorsione, spaccio, pesca di frodo e sfruttamento della prostituzione.