Autoinfitati

Vendo false partecipazioni nozze Fedez – Ferragni, vergognomi assai ma necessito soldi droca.

Senza ghiaccio

– Ma tu viaggi assai?

– No… non proprio. Anzi, mi piacerebbe viaggiare di più.

– Ommai cu Raianèr l’aeri custunu picca, però c’è sta gran camurria dei ritaddi. Du uri su assai!

– Guardi, non me ne parli, rischio di perdere la coincidenza.

– U sacciu. macari io… a camurria ri fari sti scali è chista. A priva vota ca pessi a coincitenza all’aeropotto a Gemmania, m’assittai o bar e vireva a chisti ca si calaunu sti gran panini ca canni e si viveunu sti gran bicchieruni i birra. O cammareri ci fici signu e ci rissi: u paninu come a chiddu ma puttare. Ouh, com’è ca mi puttaru na speci i ‘nsalata unni c’era u mais, a carota, un pummaroru lariu e  n’pezz i burro tantu! Dicalafici, ti renti conto? Mancu na proteina. Comunque a cosa meglio è u manciari mediterraneo… u coppo ra pasta, va! Ma non è usanza so, i teteschi manciunu male.

– Certo, la dieta mediterranea è notoriamente la più sana e bilanciata. Comunque non si preoccupi, il comandate ha appena fatto l’annuncio che abbiamo recuperato in volo e che atterreremo solamente con un’ora di ritardo, per cui dovremmo riuscire a prendere le rispettive coincidenze.

– Ouh, grazie. Ma allora quannu atterramu?

– Alle 20:45, tra 40 minuti.

– Allora avemu u tempo preciso preciso pi fàrini ‘n Camparigin.

– Purtroppo su questo volo non servono alcolici… Ah, ma se lo fa lei!

– Shhh, nu nni facemu sgamare… eh eh eh.

– Ma il ghiaccio ce l’ha?

– No, senza ghiaccio.

Diciotti a Zero

Avrei voluto scrivere una sferzante invettiva contro i terribili e disumani commenti social che si leggono sul caso della nave Diciotti e sull’accoglienza di questi disgraziati. Questo insopportabile luogo comune per cui se lo Stato aiuta un migrante non sta aiutando un italiano. Avrei voluto scrivere di valori universali e di rispetto della persona, di razzismo, di guerra tra poveri, di capri espiatori politici e del silenzio assordante dei deputati che al massimo si limitano a scopiazzare l’articolo di Travaglio. Poi ho pensato che tanto non sarebbe servito a niente, che propaganda e lavaggio del cervello ormai hanno avvelenato i pozzi e lasciato scarsissimo margine di manovra. In ballo non ci sono solo le vite di 150 migranti, in ballo c’è il concetto stesso di stato di diritto e il fatto che oggi tocca a loro e domani potrebbe toccare a ciascuno di noi essere prevaricati e privati dei diritti fondamentali. Questo aspetto sembra interessare solo ad una minoranza di persone e la cosa mi angoscia un po’, allora mi sono messo a pensare alle espressioni che hanno i cani quando cacano, e niente, il fatto è che sembrano molto più consapevoli delle nostre.

S’illumina

Sarà che Infedele, l’ultimo disco, l’ho ascoltato talmente tante volte da conoscerlo a memoria; sarà che Colapesce è un amico e lo seguo con affetto e stima da parecchio tempo; sarà che ha avuto una crescita artistica entusiasmante che non è passata inosservata; sarà che la band che lo accompagna suona da Dio e che Gaetano è un musicista strepitoso, una vera eccellenza siracusana e lo potresti mettere a suonare quel sax baritono con Kamasi Washington, domani, adesso e Kamasi direbbe: “minchia Gaetano, terrific! Very good”. Saranno gli omaggi a Battiato e De André, sarà che la prima strofa di “Bogotà” – ogni cazzo di volta – mi fa venire le lacrime agli occhi perché descrive, inconsapevole e meticolosa, ricordi e atmosfere di estati trascorse da bambino a casa di mia nonna Michela, a mare. Sarà che – non succede quasi mai – ma ogni tanto anche a Siracusa arriva una produzione buona e per una volta sembra di vivere in una città normale.

Ora, io non lo so che musica ascoltasse Federico Ruggero Costantino di Hohenstaufen (Federico II di Svevia, per gli amici), mi piace immaginarlo appassionato di Lied e di Chanson laiche. Quelli erano tempi duri per la musica: la solmisazione, le monodie sacre, il verbo di Oddone di Cluny… sai che palle. Insomma, secondo me Federico, da grande uomo d’arte e di cultura, si sarebbe spaparanzato su una torre del suo castello e si sarebbe goduto il concerto fumando Marlboro morbide e cantando “Ti attraverso” a squarciagola.

Questo luogo è magico e viverlo così è un privilegio. Sulla faccenda bar questa volta non dico niente. Sono stati commessi degli abusi e questo fa incazzare. Agli albori della polemica mi chiedevo perché in questa città non si riuscisse mai a imbastire un rapporto virtuoso tra pubblico e privato (Archimete Pitacorico – Il Cocktail come metafora). Immaginavo standard europei e gin tonic fatti come si deve. Ma niente, non è cosa…

 

Scinni macari lei a Catania?

Rimpiango quando agli arrivi dell’aeroporto di Catania c’erano solo due nastri per i bagagli: uno voli nazionali e l’altro, resto del mondo. Era una Sicilia genuina e accogliente fino all’esasperazione, il parcheggio era gratuito e delegazioni di parenti – tre o quattro per viaggiatore atterrato – affollavano la sala per aiutare il viaggiatore a ritirare la valigia. Si facevano largo, ammuttavano, sudavano, “pemmesso, pemmesso”, oppure: “Ca è, ca è, pigghila tu, chidda gialla e niura co stemma i l’Agip”.
Calore umano, baci, abbracci, confusione, pianti di gioia, emozioni, poesia, “ti ho fatto la caponata”, “ti vedo sciupato, mangiati questo panino con la cotoletta, presto”. Anche i viaggiatori erano diversi: c’era una minore confidenza con il volo. Chi non si è visto rivolgere dalla signora anziana spaesata, la fatidica domanda: “Scinni macari lei a Catania?”. Una volta aiutai una coppia di settantenni a mettere il borsone in cappelliera. Loro erano bassissimi e il mio gesto li impressionò a tal punto che per tutto il volo, seduti accanto, mi chiamavano: “U Supermàn”, con la a. Conservo ancora il loro indirizzo di Pietraperzia.
I protocolli di sicurezza, i regolamenti internazionali, si sono portati via la poesia e le emozioni, sostituendole con finta efficenza e atmosfera impersonale. A Catania i nastri bagagli sono diventati cinque e i parenti, sempre meno numerosi, aspettano fuori dalle porte o continuano a girare in macchina, per non pagare il parcheggio.
Solo raramente, a tarda notte, può ancora capitare di imbattersi nel tizio che si piazza all’inizio del nastro trasportatore, aspetta il suo trolley, è nervoso, vuole uscire a fumare e allora inizia a dare manate e pugni alla saracinesca chiusa dalla quale verrano fuori i bagagli e se si è fortunati, lo si può sentire dire: “Ni muvemu? Bastaddi”.