Buon Natale in famiglia

Dopo il Mercante in Fiera con le malattie – proposto senza successo perché nessuno voleva partecipare all’asta delle carte, (Mamma, mi compri l’epatite B? No, Tesoro hai già la bronchite e le pustole, basta così) – mio padre qualche anno fa volle sperimentare la Tombola del Popolo.

I principi base erano quelli della tombola tradizionale ma con un nuovo regolamento cervellotico, infernale e contorto che riusciva a scontentare tutti. Il gioco prevedeva pesanti restrizioni, multe salate e confisca di cartelle a chi diceva per esempio: tombolino oppure ampo alla chiamata del primo giannetto. Ogni richiesta al cartellone: «è uscito il 23?», aveva un prezzo, 50 centesimi e se il giocatore continuava a fare domande, a pagare sarebbe stato anche il giocatore seduto alla sua sinistra.

Per i premi era prevista una insulsa redistribuzione delle risorse: donazioni controvoglia, prelievi forzosi e altre nefandezze senza logica e basate sul caso.

Il concetto di base è che anche se si fa cinquina, non è detto che la vincita sia reale. Dichiarando il punto e dopo la verifica da parte del cartellone, interverrà una fantomatica commissione di saggi munita di mazzo di carte siciliane e di taccuino con codici e leggende. Il giocatore dovrà pescare una carta e ad ogni carta è associata un’azione. Gli scenari sono mutevoli: si può essere fortunati e vincere il proprio premio, oppure questo può essere confiscato e aggiunto al monte premi della tombola; può essere considerato pensione d’oro e decurtato di una percentuale a favore del cartellone, oppure donato forzatamente al giocatore che ha già fatto la quaterna, cose così.

Abbiamo fatto due giri, poi sono cresciuti i malumori, la tensione nell’aria era palpabile, i parenti si guardavano con sospetto e cattiveria mentre mio papà aveva un ghigno beffardo, tipo Travaglio a Otto e Mezzo. La situazione stava precipitando tanto che è dovuta intervenire mia mamma per dire: basta giocare, adesso apriamo il panettone delle Tre Marie.

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