Il tramonto sotto la Fonte Aretusa è sempre mozzafiato e ieri mentre procedevo lungo quella stradina che porta alla Villa Aretusa, con i suoi alberi secolari, i banchetti dei boat tour e il pungente odore di guano, ascoltavo in cuffia il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 di Liszt e proprio tra la fine del secondo movimento e l’inizio del terzo, uno dei picciuttazzi appostati con enormi canne da pesca alla ringhiera del lungomare ha tirato su un pesce mazzone piccolo e tozzo. La delusione sul suo viso di quattordicenne era evidente e gli altri ragazzini con le canne da pesca – forse perchè lui si era vantato che avrebbe pescato un dentice di 20 chili – hanno cominciato a ridere e a sfotterlo. Allora lui, con il mazzone ancora attaccato all’amo ha zittito tutti e rivolgendosi agli altri e ha detto: “Chi fazzu, ciù rialu a stu niuru, accussì su mancia stasira?”. Nell’accezione specifica, “u niuro” in questione era un ragazzo cingalese con un tavolino dotato di ruote, tipo carretto, sul quale esponeva un campionario merceologico da fare invidia al Floresta dei bei tempi. Il commerciante cingalese, senza scomporsi, ha guardato i picciuttazzi con sufficienza e ha detto: “tu azziccare no culo”.
