Ho come l’impressione che negli ultimi anni, antropologicamente, la tipologia di turisti che approda a Siracusa si sia modificata in peggio e con essa – ovviamente, le due cose sono in strettissima relazione – anche la qualità dei servizi. Come se la città attraesse con maggiore forza sempre più cafoni da ogni parte del mondo e la famiglia scandinava – per fare un esempio – sia stata soppiantata dalla comitiva di torpi griffati D&G. Te ne accorgi dalle macchine a noleggio in doppia fila o sugli scivoli dei disabili, dalla spazzatura non differenziata davanti al basso adibito a casa vacanze, dalle foto in cinque aggrappati alla colonna del V secolo. Lo so che si tratta di un punto di vista parziale, ma nel mio microcosmo di relazioni, nessuno vuole più venire a Siracusa, nessuno si sogna di farlo. Pur amando questi luoghi, hanno imparato a odiarli profondamente. Preferiscono prendere una casa vicino al mare, fuori dai centri affollati, più isolata possibile. Non vanno più a cena fuori , non fanno più shopping nei negozi di Ortigia ma si limitano a comprare pesce azzurro, pomodori, cucunci e qualche bottiglia di vino. Sono in vacanza a Siracusa ma è come se fingessero di essere altrove e quando li chiami per invitarli e dici “andiamo a mangiarci una pizza a Ortigia?” loro si mortificano e ti dicono “no, no Ortigia no, per favore, soffriamo troppo a vederla ridotta così, venite voi qui, Hans Christian ha imparato a fare il masculino a cotoletta”.
