Vip in città

Vendo set immagini di Charlotte Gainsbourg che incide con chiodo arrugginito “Portadellemeraviglie” su colonna dorica V Secolo e poi si da alla fuga su Apecalessino contromano. Vergognomi assai ma necessito soldi droga.

Abissi

Ho come l’impressione che negli ultimi anni, antropologicamente, la tipologia di turisti che approda a Siracusa si sia modificata in peggio e con essa – ovviamente, le due cose sono in strettissima relazione – anche la qualità dei servizi. Come se la città attraesse con maggiore forza sempre più cafoni da ogni parte del mondo e la famiglia scandinava – per fare un esempio – sia stata soppiantata dalla comitiva di torpi griffati D&G. Te ne accorgi dalle macchine a noleggio in doppia fila o sugli scivoli dei disabili, dalla spazzatura non differenziata davanti al basso adibito a casa vacanze, dalle foto in cinque aggrappati alla colonna del V secolo. Lo so che si tratta di un punto di vista parziale, ma nel mio microcosmo di relazioni, nessuno vuole più venire a Siracusa, nessuno si sogna di farlo. Pur amando questi luoghi, hanno imparato a odiarli profondamente. Preferiscono prendere una casa vicino al mare, fuori dai centri affollati, più isolata possibile. Non vanno più a cena fuori , non fanno più shopping nei negozi di Ortigia ma si limitano a comprare pesce azzurro, pomodori, cucunci e qualche bottiglia di vino. Sono in vacanza a Siracusa ma è come se fingessero di essere altrove e quando li chiami per invitarli e dici “andiamo a mangiarci una pizza a Ortigia?” loro si mortificano e ti dicono “no, no Ortigia no, per favore, soffriamo troppo a vederla ridotta così, venite voi qui, Hans Christian ha imparato a fare il masculino a cotoletta”. 

Ma quale futuro

Ne avevo scritto qui, e non che mi aspettassi chissà che reazione, ma dopo sei mesi di turismo esasperato, di tutto esaurito, di case vacanze nei garage, di ristoranti con il tanfo di pesce marcio e i dehor abusivi sui sagrati delle chiese, la situazione non è cambiata, anzi ho notato un peggioramento che mi ha annichilito. Ieri era festa e c’era una simpatica iniziativa a piazza Duomo con i Vigili del Fuoco, i bambini e la befana. La piazza era strapiena, e anche se in giro era tutto uno “Stai scuppiannu”, “Ancora manciare…dicalafici” , “Mpare, sono in chetosi” e “A Befana mi puttò a Citrosodina”, i bar esplodevano di umanità: nanni, picciriddi, pellicce, abiti sintetici, tatuaggi orrendi e rolex veri, rolex falsi.

Quando con una fortuna sfacciata mi sono accomodato al tavolino completamente sommerso dei resti delle consumazioni altrui, avevo già capito l’antifona. Sul mio tavolo c’erano una quindicina di tazzine di caffè, succhi di frutta, coppette di gelato, carte insivate di pizzette e arancini, bottigliette di Crodino vuote, bottigliette di Crodino piene, Crodini interamente versati sul tavolo che sgocciolava, ciotole di olive con olive e ossi sputati dentro, patatine fritte, una monoporzione di salsa rosa (forse portata da casa), due posaceneri strapieni di cicche e fazzolettini e una selva imbarazzante di bicchieri di plastica di quelli vietati dall’ordinanza plastic free, per la serie faccio le regole tanto nessuno controlla, che è un po’ la Weltanschauung di questa città qui. 

Ci siamo guardati  intorno e sospirato, perchè il nostro era uno dei tavoli messi meglio e abbiamo cominciato a chiacchierare aspettando che qualcuno passasse a sparecchiare e prendere le ordinazioni. L’attesa è stata vana perchè in 40 minuti non si è fatto vedere nessuno. Ogni tanto spuntava una ragazza con il vassoio pieno di gelati ormai sciolti, caffè freddi e bibite calde, si aggira smarrita tra i tavoli e provava a distribuire queste comande: “i caffè sono qui?”, “la coppetta piccola pistacchio, cioccolatto, fragola e caffè è vostra?”, un supplizio. Non era certo colpa sua, mi pare ovvio, provateci voi, da soli, a servire 200 persone che buttano voci, si dimenticano quello che hanno ordinato, cambiano di tavolo senza dirlo a nessuno, si lanciano sedie da un tavolo all’altro: “Scusa è libbera?“ mi ha chiesto un tizio che pareva una comparsa di un video di un cantante trap di infimo livello. Non ho avuto nemmeno il tempo di dire: “Sì, prego, può prenderla” che FIIIUMM la sedia era già in volo e sorvolava il tavolo di una famiglia di turisti stranieri increduli, diretta verso un amico del trapper ancora più torpo, che era lì, pronto a riceverla.

Insomma, dopo quasi un’ora nella quale abbiamo occupato un tavolo da otto – sull’altra metà, che comunque era senza sedie, avevamo spostato bicchieri, tazzine e tutto lo schifo che avevamo trovato – alla fine, sconfortati, siamo entrati a prendere le ordinazioni dentro e ce le siamo portate al tavolo da soli, non pagando alcun servizio, occupando in maniera forzata e per un tempo incomprensibile il tavolo di un bar in una delle più belle piazze d’Italia mentre altre decine di persone volevano sedersi. Altri invece partivano in spedizione e compravano da altri esercenti, gelati, bibite e rosticceria assortita e poi tornavano carichi di roba a sedersi lì e dividevano alla famiglia. La domanda che sorge spontanea è: ma come diavolo è possibile? Cioè, quale imprenditore può reggere questo immenso spreco di risorse? In una città normale, una città veramente turistica, dove i servizi sono gestiti da gente seria, che ha studiato, che si aggiorna, che ha viaggiato e conosce il mondo e gli standard minimi di accoglienza, una cosa del genere non è nemmeno immaginabile. Soldi persi per l’incapacità di gestire un bar nella piazza principale di un centro storico con i tavoli sempre pieni, mica una stazione orbitante spaziale a metà con la Russia. Un giorno di festa con una sola cameriera per 200 coperti – e non voglio nemmeno immaginare che razza di contratto abbiano fatto alla poveretta – è una cosa che grida vendetta. Dovrebbero intervenire il sindaco, i sindacati, l’arcivescovo, Lamba Doria, le deputazioni nazionali, regionali e di Santa Lucia.

Per farla breve, la situazione per come la vedo io è davvero drammatica, io non so cosa ne pensiate, ma qua, tra un’industria ormai al suo canto del cigno; le chimere di una rigenerazione green improbabile e i disastri ambientali normalizzati con tanto di decreti che derogano qualsiasi prescrizione, insomma, in un quadro del genere, se non sappiamo manco servire 200 caffè per l’epifania… ma quale vocazione turistica, ma quale futuro?

Once Upon a time

Poi ieri, per caso, mentre tornavo a casa, li ho visti. Non ci volevo credere ma erano proprio loro, J.Lo e Ben Affleck, non davano nell’occhio, sembravano una coppia normale seduta a un tavolo con le sedie spaiate in un dehor abusivo di un vicolo ortigiano. Lei aveva preso una Miramare più bresaola, lui una Norma con sopra le patatine, entrambi bevevano birra alla spina Cisk. Dai resti delle confezioni monouso di ketchup e mayonese sul tavolo, ho capito che avevano consumato anche il “gran fritto della casa” con patatine, panelle, olive ascolane e mozzarelle in carrozza precotte e surgelate. Chiacchieravano tenendosi per mano, i loro occhi brillavano di passione e d’incanto. La musica a palla, una tremenda compilation discosamba remixata con hit neomelodiche sembrava non disturbarli, così come il cestino di rifiuti accanto al loro tavolo, stracolmo di sacchetti puzzolenti. Al momento di pagare, Ben ha fatto il gesto universale della mano che scrive in aria e il conto è arrivato su un foglietto a quadretti. Ben ha tirato fuori l’Amex ma il gestore ha fatto capire che non accettava quel circuito di pagamento, allora Ben ha tirato fuori una Mastercard platinum ma quello gli ha detto che il Pos era rotto. Ben ha sfilato dal portafogli 5 banconote da 20 dollari ma non c’è stato niente da fare. “Ehi man, I’m Ben Affleck…” ha detto Ben come a dire offrimi sta cena o passo a pagare domani. “E io sugnu Cammelo – ha risposto quello – … u sacciu cu si… senti a mia, lassa a to zita ca a garanzia and go to bancomat e scanciati i soddi”. Ben Affleck era incredulo ma senza batter ciglio si è avviato al bancomat. Quando è tornato ha saldato il conto e si è diretto al tavolo da Jennifer che non si era accorta di niente. “Come mai tutto sto tempo?” le ha chiesto lei un po’ spazientita. “Niente, non funzionava il Pos” ha risposto lui. I due si sono allontanati mano nella mano, hanno fatto qualche passo e sono stati affiancati da una Apecalessino che gli ha chiesto: “Ottiggia tur bai nait?”. I due sono saliti a bordo e l’ape è partita a tutta velocità in una nuvola di fumo bianco. Una coppia di ragazzi li ha riconosciuti e ha gridato: “Jennifer, Ben seffi plis!”. Loro si sono voltati e si vedeva che erano felici.

Una faccia una razza

Riparte su nuove basi e con relazioni più estese e consolidate il gemellaggio tra Corinto e Siracusa. Chiuso l’accordo commerciale denominato “Il patto delle poleis”. Alla città greca andranno 10 api calessino con il claim “Avanti Insieme”, un magnete frigo del parcheggio Talete, alcuni pezzi sotto sequestro dell’indimenticabile mostra “Ciclopica”, un conglomerato di tubi innocenti arrugginiti del Solarium “Risossa Mare”, alcuni macigni del muraglione di levante e una targa con l’incisione: “Con queste pietre sta crollando tutto”.

In cambio, il comune di Corinto si impegna a offrire due lettini con ombrellone presso il bagno “Diogene di Sinope” e una fornitura ventennale di formaggio Feta, individuato dallo staff del Vermexio come elemento fondamentale e pietra di volta di una rinascita enogastronomica. Per suggellare il patto è nato “Grecale” il panino gourmet con cavallo, gamberetti, feta, melanzane grigliate, olive, tabasco, ogghiurepipi, sassaemayoness, cetriolini, foglie di vite e sassazazzichi, che sarà presentato in esclusiva, dai due sindaci ed dai rispettivi assessori alla cultura, nel corso di una puntata di “μπλε κύμα” il corrispettivo di Onda Blu in Italia.

Movide e Movide

Ci risiamo e come ogni anno, dopo le prime, ovvie, lamentele dei residenti di Ortigia e degli albergatori che vedono i turisti, giorno dopo giorno, abbandonare le loro strutture ricettive per il troppo frastuono, per il rumore, per il caos che satura ogni scorcio e ogni pietra del centro storico, arriva l’ordinanza del Sindaco che illude tutti per qualche giorno spingendoci a credere che finalmente il problema verrà risolto.

Purtroppo, sappiamo già che non cambierà nulla e che tutto continuerà a funzionare esattamente come adesso: nell’anarchia più totale, senza senso civico, senza un barlume di speranza, senza controlli, che ormai lo sanno tutti, la Polizia Municipale è sotto organico.

Sulla carta l’ordinanza del sindaco è ineccepibile, si richiama perfino al protocollo “Legalità vs Illegalità” sottoscritto da tutti i sindaci della provincia, dalla Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza e dalle associazioni datoriali, ma in pratica si trasformerà nell’ennesimo, inconsistente buco nell’acqua. Anche perché si tende con troppa facilità a mescolare fenomeni molto diversi tra loro. Da un lato la violenza, la rissa, che è un evento a sé stante che va contrastato in emergenza, dall’altro, la gestione della movida, che di emergenziale non ha proprio nulla e che andrebbe governata con un progetto lungimirante e con la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti.

L’ordinanza prevede il divieto assoluto di somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione ai minori di anni 18; il divieto di vendita al dettaglio per asporto di bevande alcoliche e superalcoliche dalle ore 24:00 alle 07:00 e il divieto – sempre nella stessa fascia oraria – di consumare all’esterno dei locali bevande di qualsiasi tipo in contenitori in vetro. Ora a parte il fatto che la legge vieta già la somministrazione di alcool ai minori (sotto i 16 è un reato, dai 16 ai 18 un illecito amministrativo punibile con sanzione pecuniaria) ma per quale motivo uno non si possa bere una birra, in silenzio, senza disturbare nessuno, seduto su una panchina e invece lo possa fare tra i confini liquidi e astratti di un gigantesco dehors con la musica a tutto volume, è francamente un mistero.

Ecco la musica, forse il nodo della questione è proprio questo. L’ordinanza prevede il divieto, in tutti i locali pubblici diversi dalle discoteche, di organizzare intrattenimenti musicali o, comunque, attività rumorose oltre le ore 01:30 e già questo fa storcere il naso perché in tutte le città civili quel limite lì è fissato alle 24:00, tranne per specifici casi autorizzati preventivamente. Ma a dirla tutta il problema più grande non sarebbe nemmeno l’orario in sé, ma i volumi atroci, anche alle 22:00. Musiche e frequenze di bassi che si infilano sotto le porte, che perforano doppi e tripli vetri, che rimbombano nelle case e avvelenano la vita di chi quella sera vorrebbe leggere un libro, pensare, vedere un film, pregare, piangere e invece non può farlo.

Ci sarebbe il discorso della zonizzazione acustica, uno strumento fondamentale di cui le città e le regioni dovevano dotarsi per fare chiarezza sulla questione. Da altre parti l’hanno fatto e questi luoghi sono sempre ai primi posti nelle classifiche di qualità della vita, da noi no, e il risultato e sotto gli occhi di tutti. Insomma per farla breve, in un centro storico come quello di Siracusa, il limite notturno (che significa dopo le 22:00) di immissioni sonore non dovrebbe superare i 45 decibel, fate un po’ voi. Se poi ogni bar, ogni negozio che vende artigianato locale, la sera si mette a vendere da bere, tira fuori le casse e mette musica è evidente che qualcosa proprio non funziona.

Autorizzazioni, controlli e piani di sviluppo innovativi, sono questi gli ingredienti che possono mettere d’accordo tutti. Stop alla contrapposizione, sì al dialogo. Nessuno vuole vietare la movida, nessuno minimizza l’impatto che può avere sull’economia della città, ma allo stesso tempo il divertimento di qualcuno non può impedire la quiete di altri. In molte città in giro per il mondo è nata la figura del sindaco della notte. Una figura istituzionale, più spesso un vero e proprio team che raccoglie impressioni, media tra le parti, ascolta e non cala ordinanze dall’alto che scontentano tutti, ma propone buone pratiche e progetta soluzioni innovative per la città. Ha iniziato New York con l’Office of Nightlife e poi è stata seguita a ruota da Amsterdam, Berlino col il suo Nachtbürgermeister, Parigi, e il Night Czar di Londra e poi sono mosse le città più piccole, invece in Italia siamo ancora fermi al palo, senza capire che con le decisioni di oggi, le amministrazioni contribuiranno a definire l’assetto demografico, urbanistico ed economico delle città di domani. Siracusa saprà raccogliere la sfida? Dalle premesse sembrerebbe proprio di no.

Articolo pubblicato su TamTamtv.it

Destini incrociati

Ieri dal benzinaio una coppia di turisti mi ha chiesto: “Scusi, per Ortigia? Sembravano molto sprovveduti, dei veri allocchi, così ho pensato al pesce andato a male che gli avrebbero somministrato sotto forma di caratteristico coppo e all’olio esausto, ancora lì dall’inaugurazione del 2019, che avrebbero utilizzato per friggerlo. Ho pensato al cannolo scomposto e alla ricotta acida, ho pensato alle notti insonni in un B&B con l’aria condizionata rotta e che confina con un discopub senza autorizzazione che fa musica 24 ore su 24, così ho indicato la direzione opposta e ho detto: “di là”.

Un giorno, forse, mi ringrazieranno.