Quale futuro?

Fino a quando si tratta di dati su un bollettino, numeri su una cartina geografica o curve di un grafico da dover decifrare, tutti quei morti hanno una valenza diversa, ma quando invece muore una persona che conosci, è tutta un’altra storia. Calogero Rizzuto non era un mio amico, l’ho incrociato in un paio di occasioni, diversi anni fa, abbiamo scambiato qualche parola formale e quando ci siamo rivisti, tempo dopo, non ci siamo nemmeno salutati. Eppure la sua scomparsa mi ha profondamente colpito. Leggere i pensieri di chi con lui ha lavorato, vedere quelle foto private, che lo ritraggono in contesti diversi da quello formale, mi ha lasciato un senso di sconforto opprimente che si è affievolito solo in serata.

Apprendere che ci sarebbero stati dei ritardi nei risultati del tampone, degli errori grossolani, delle mancanze e che la sanità siciliana, ancora una volta, si sarebbe dimostrata inaffidabile è, nella situazione terribile che stiamo vivendo, un pugno nello stomaco. Il pensiero che Calogero Rizzuto, che era un dirigente regionale, il presidente del parco archeologico di Siracusa, sia stato vittima di malasanità nonostante le attenzioni di un deputato regionale e poi perfino dell’assessore competente, lasciano completamente di stucco e portano inevitabilmente a farsi una domanda: ma cosa potrebbe succedere a un disgraziato qualsiasi?

Questo però non è il momento della polemica, non serve a niente fomentare odio, aizzare gli animi e innescare paure. La Procura della Repubblica di Siracusa ha aperto un fascicolo e farà le sue indagini, a noi, non resta che mantenere alta l’attenzione e restare in casa il più possibile. Stiamo vivendo un’emergenza che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare, non è una guerra, è vero, non ci sono bombardamenti, esecuzioni sommarie e il cibo e i medicinali non scarseggiano, c’è un fronte però, una prima linea fatta di medici, infermieri  e personale sanitario allo stremo che è l’unico baluardo a difesa del nostro mondo e c’è una fascia di popolazione molto povera che si trova in enorme difficoltà.

Il trend dei contagi degli ultimi giorni lascerebbe spazio a un leggerissimo ottimismo, i numeri di oggi sono il risultato di quello che è accaduto dieci giorni fa, segno che il lockdown, qualche risultato lo starebbe portando. Il virus passerà e avremo un vaccino e dei farmaci brevettati affinché tutto questo non si ripeta un’altra volta. Passerà e potremmo tornare ad abbracciarci e baciarci, a prendere il caffè al bar, a trovare i nonni, passeggiare, andare in ufficio, viaggiare e scoprire il mondo.

Si faranno delle analisi e verranno attribuite delle responsabilità su tutto ciò che inevitabilmente non è andato come doveva, per fatalità, errori, leggerezze e sottovalutazioni. C’è un problema sistemico in questo Paese ed è la gestione della cosa pubblica: istruzione, giustizia e sanità, più di tutte, sono state umiliate e depredate in favore d’interessi particolari ed a discapito di quelli generali. L’aspetto più importante sarà comprendere che basi getteremo per costruire il futuro. Questa pandemia non è solamente un’emergenza sanitaria ma anche sociale e ci ha spiattellato in faccia e ha reso evidenti a tutti, i terribili limiti e le storture delle nostre società: povertà ingiustificata, cittadini senza tutele, stipendi da fame, lavoro nero e bassa scolarizzazione. Raccogliere i cocci non obbliga a sistemare tutto come era prima ma anzi, permette di progettare dei cambiamenti, di ripensare, riformare e di ridisegnare le prospettive. Questa è la sfida del futuro, sapremo affrontarla senza affidarci a marpioni, arruffapopoli e squallidi arrivisti?

Liu Xiaodong, Things aren’t as bad as they could be (2017; olio su tela, 250 x 465 cm; Courtesy Liu Xiaodong e Massimo De Carlo)

2 pensieri su “Quale futuro?

  1. Non conosco la persona di cui parli, ma immagino quello che puoi provare. Anche io che abito in un paesino sperduto tra le montagne in provincia di Brescia vedevo ogni sera quei numeri, quei tremendi bollettini senza rendermi conto veramente di cosa volessero dire finchè una persona di mia conoscenza, legata da qualche anno alla mia famiglia, è venuta a mancare.

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