Inversioni di rotta

Siracusa, dalle api calessino ai taxi del mare è un attimo…

Stuiate di musso

– Ciao mpare… 

– Buongiorno.

– Tu pigghi u café?

– Sì, grazie… un po’ lunghetto per favore…

– Hai visto?

– Ma infatti, stavo notando… cambiasti completamente…

– Sì mpare, oramai solo Cateno De Luca…

– Ho capito, ma pare un mausoleo… prima con i 5 Stelle eri molto più discreto… ora mi sento un po’ in imbarazzo.

– A quale, i 5 Stelle troppa delusione… 

– Quindi folgorato sulla via di Messina…

– Folgorato sulla via di sta minchia… ora co Cateno scateniamo la rivoluzione… 

– Certo, si percepiscono già i prodromi…

– … Sé… A prima cosa è u sinnacu Italia a casa!

– Ma che c’entra scusa?

– E macari Granata…

– Ma non si vota per le amministrative…

– Cateno sintaco di Sicilia e d’Italia…

– E anche del mondo… non ci avete pensato?

– Non ci babbiare… mettici “mi piace” su Feisbus accussì ti puoi vedere le dirette e…

– Ho già messo il like, ma le mie idee non cambiano…

– Tu lassa fari… se vince Cateno ci sono stuiate di musso per tutti.

Dove non cuagghiano le facce

Io non capisco una cosa: non hai studiato, sei entrato in una partecipata con una raccomandazione grande quanto una casa, hai bivaccato da un bar all’altro in orario lavorativo, ti sei assicurato ingiustamente una pensione dignitosa, hai acquistato casa, auto e moto, parcheggi in doppia fila, non paghi il condominio da anni e secondo me, manco le tasse che non ti trattengono a monte e ora vuoi combattere il sistema marcio? Ehi, pss, te lo dico sottovoce… il sistema marcio sei tu. Ma di che diavolo vai blaterando?

“Piutost che nient l’è mei piutost”, anche Pippo Gianni passa alla Lega

I più informati sostengono che dopo aver bevuto da un ampolla contenente l’acqua del Dio Anapo, il sindaco di Priolo, Pippo Gianni abbia ufficializzato il suo passaggio alla Lega di Matteo Salvini che però in Sicilia si chiama Prima l’Italia. La segreteria politica dell’onorevole è stata presa d’assalto da una folla di sostenitori in giubilo che hanno inneggiato al loro idolo chiedendo a gran voce l’indipendenza di Funnucu Novu e la secessione della pineta, mentre sui balconi spuntavano i primi striscioni: “Ghe pensi mi”, “Melilli Ladrona”, “Priolo in Padania – Ciuriddia in Tanzania”. Molto ambizioso il programma politico che al primo punto prevede l’obbligo di inserire l’articolo davanti a qualsiasi nome proprio (il Turuzzo, la Concettina, il Pippo, ma anche Il Cafeo, lo Scapellato, il Vinciullo). Il segretario provinciale del carroccio, Minardo ha accolto il neo leghista nel partito donandogli il tipico elmo celtico da cerimonia e un ritratto di Calderoli. Gianni ha voluto ringraziare tutti gli intervenuti con un buffet a base di bagnacauda, pizzoccheri, cassoeula alla matalotta e polenta e osei.

Elesciondai

– Ooh, u pagghiazzu s’ha dimesso, a sintutu? Ora elesciondai…

– Ma chi, il Presidente?

– A docu, Musumecio…

– Ma tu non sei fratello d’Italia? Vedi che è alleato con te…

– Ma cui?

– Musumeci.

– Ma chi sta ricennu?!?!

– Nella Gazzetta dello Sport non c’era?

– Ma vero è?

– Mpare, giuro.

– Va bé… pagghiazzu è esagerato… picchì quacche cosa buona l’ha fatta…

– Contento tu…

– A picchì, tu si sempre ca sinistra?

– Sì, deluso e pieno di dubbi…

– E votati a Iervolino docu…

– Intendi la Chinnici?

– Fai zocco voi… forza, pigghiamuni sto café…

Pillirini

“Spero che ritorni presto l’era della Pillirina”, poteva essere il ritornello di un brano della buonanima di Franco Battiato e invece è solo una polemica che va avanti da un decennio, da quando cioè Elemata Maddalena acquistò questi benedetti terreni sulla costa dell’Isola, a Siracusa, che pareva che ci si sarebbe potuto buttare tonnellate di calcestruzzo, fare attraccare yacht e atterrare elicotteri e poi i petroldollari, i rubli, le signore dell’alta aristocrazia borghese (Calboni docet), il lavoro per tutti, lo sviluppo, la destagionalizzazione, l’indotto e invece niente. Prima la variante della bellezza, poi l’iter per l’istituzione della riserva terrestre che però si trascina come un moribondo al fronte che cerca di riguadagnare la trincea, fatto sta che Elemata Maddalena, fino ad oggi, al massimo può ristrutturare i caseggiati esistenti a farci delle villette come al Club A Fanusa e di Vip nemmeno l’ombra, anzi, per la verità uno ci sarebbe, Erlend Øye si chiama, è norvegese, suona nei King of Convenience e alla Pillirina si va a fare il bagno con i suoi amici. Stende un telo e si prende il sole e se passi da quelle parti al tramonto, può capitare di sentirgli suonare Sergio Endrigo con l’ukulele.

Erland Øye alla Pillirina non vorrebbe né calcestruzzo né resort, lui dice che quel posto è perfetto così com’è e siccome l’ultima volta che ci stava andando gli è stato impedito da un vigilantes privato che gli ha vietato l’ingresso, lui ha scritto un post su Instagram che ha ricevuto un sacco di cuoricini e nel quale chiedeva al Marchese Emanuele di Gresy (che però noi a Siracusa, per convenzione, dobbiamo chiamare de Gresy) di lasciare libero quel posto, di ritirare il custode e permettere a tutti la libera fruizione. Ho un milione di euro – ha azzardato – e se vuoi te li prendi come se fosse una specie di risarcimento e siamo tutti a posto.

Il Marchese però, che c’ha il dente avvelenato, ha gentilmente declinato l’offerta, caro Erlend – gli ha risposto – del tuo milioncino non so che farmene, io ne avrò spesi una quindicina… vedi tu. Inoltre il Marchese ha tenuto a precisare che quei terreni sono proprietà privata e lui ci fa quello che vuole e che si opporrà a qualsiasi tentativo di esproprio proletario.

Ora, va detto una volta per tutte, che di esproprio proletario in questa storia non c’è propria traccia e che la lettura del marchese abbindolato lascia il tempo che trova. Non che sia del tutto fuorviante, ma se hai un terreno e c’è un vincolo, c’è poco da fare, mi dispiace.

Nel fuoco incrociato di dichiarazioni degli ultimi giorni ci si sono tuffati al solito un po’ tutti, mbrugghiuni e sautafossi compresi, in un gioco tutti contro tutti, fatto di insulti, accuse, minacce e minchiatone, che lascia il tempo che trova e che si ripete da anni come un mantra di quelli scarsi. La soluzione sarebbe l’istituzione della riserva naturale, ma tremano le gambe solo a pensare che poi questa verrebbe gestita dalla Regione.

La verità è che la Pillirina è un luogo magico, la Pillirina è di tutti, la Pillirina non sono i terreni di Elemata, ma un tratto di costa molto più vasto e molto più seducente.

Lo sa bene chi ha partecipato ieri alla passeggiata organizzata dalle associazioni ambientaliste. Io non ci andavo da anni sul quel versante lì, l’ultima volta guidavo un Sì verde metallizzato e non me lo ricordavo così bello. Un luogo incantevole, a tratti inquietante, con una luce straordinaria, una pietra grigia, quasi bianca, il profumo delle erbe selvatiche, la brezza del mare aperto, respiri a pieni polmoni e l’occhio si perde nell’immensità di un orizzonte sconfinato. Seguendo il percorso battuto, scendi una collinetta, superi un promontorio e sbam, ti trovi davanti Ortigia in tutto il suo splendore e sembra libera e felice, non puoi immaginare che arranca sotto il gioco delle friggitorie e dell’inciviltà tutelata. È una prospettiva quasi inedita, differente dalle solite cartoline che conosciamo a memoria, più vivida rispetto alle scontate foto coi droni. C’è una magnificenza che ti spiazza, “ma davvero vivo qui?” mi sono chiesto incredulo mentre intorno a me era un via vai di umanità colorata e vitale.

Alla fine, gira e rigira, le domande che ti poni sono sempre le stesse: ma perché? Ma perché la politica non mette fine a questo ridicolo tira e molla istituendo la Riserva Naturale? Sono passati undici anni, ma in quale altra parte del mondo potrebbe essere tollerata una cosa del genere? Poi pensi che qui non bastano cinquant’anni per fare un’autostrada e che puoi indignarti, maledire e porti tutte le domande che vuoi, tanto anche le risposte, purtroppo, sono sempre le stesse.

Un conto salatissimo

Praticamente la “risposta muscolare” che il Vermexio doveva dare contro l’abusivismo sfacciato che infesta la città si è tradotta in un gigantesco condono “di acqua e di luce”, come si usa dire da queste parti, che non è altro che la pietra tombale su qualsiasi discorso di sostenibilità del turismo.

Le scelte sono state fatte e non si torna più indietro. Non ci resta che resistere, come i partigiani sull’Appennino e aspettare che sverni. Ieri, passeggiando per i vicoli di Ortigia, tra selve di tavolini spaiati che impediscono il passaggio, marciapiedi ricoperti di moquette, impianti stereo cinesi con i led colorati che vomitano musica orrenda, sporcizia per terra, olezzi, fumi pestiferi di friggitorie coi bidoni dell’olio esausto a fare da tavolini, carrellati di rifiuti puzzolenti e stracolmi alla faccia degli orari di conferimento, mi ha assalito un senso di frustrazione e di sconforto e mi sono sentito prigioniero di un incubo, come se vivessi in un paese occupato.

Si è scelto di continuare a incoraggiare, tutelare e non sanzionare i comportamenti scorretti, si è scelto di avallare il sopruso e la regola del più forte, si è scelto di non tutelare le persone per bene, i residenti, gli esercenti, i turisti che sono costretti a subire quotidianamente vessazioni talmente diffuse che mi sono anche stancato di elencare per quanto sono evidenti, sotto gli occhi di tutti, ad ogni angolo di strada, perpetrate con una costanza offensiva e disarmante nel disinteresse assoluto di chi dovrebbe controllare e che si limita a operazioni che appaiono inefficaci, a campione, sempre nelle stesse zone, sempre agli stessi ristoratori sfigati. 

Ortigia è l’emblema del fallimento, un luogo meraviglioso che si trasforma, con la scusa della meta turistica internazionale e dello sviluppo economico in una Babele di illegalità di cui adesso ci accorgiamo solamente ma che tra qualche anno presenterà il conto e sarà salatissimo.

Fallimenti

Ma più che “blindare” genericamente Ortigia, non sarebbe il caso di cominciare a sanzionare tutte le irregolarità e le prevaricazioni irridenti e offensive ad ogni angolo di strada? Perchè francamente, con le auto sopra i marciapiedi e sulle strisce pedonali, i dehors in mezzo alla strada, i posteggiatori abusivi, la musica a palla e il ristorantino che ha apparecchiato sul sagrato della chiesa, il posto di blocco della municipale al ponte umbertino appare assai inadeguato.

Cordialità

Winter on Fire

Con grave ritardo, ieri sera ho visto Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom, il documentario sulla ribellione di piazza Maidan del 2014 e sono rimasto profondamente scosso.

Lo consiglio a quelli che parlano di complessità ma poi alla fine gli ucraini si devono arrendere che è meglio per tutti, quelli che i neonazisti del battaglione Azov tirano le fila di qualsiasi cosa e quelli che Zelensky è ricco e la villa a Forte dei Marmi la vorrebbero loro.

Ho pensato a quanto coraggio ci vuole, a quanta abnegazione a quanti sacrifici fanno le persone per cercare raggiungere quella libertà incondizionata che godiamo noi europei e che diamo per scontata.

C’erano le bandiere ucraine e quelle dell’unione europea che sventolavano in segno di speranza a piazza Maidan, c’erano gli studenti, gli uomini, le donne, le vecchie signore, il patriarca ortodosso, l’arcivescovo cattolico, il Muftī mussulmano, tutti insieme in quella piazza a pregare, tenersi per mano, cantare e gridare il loro no a un governo fantoccio che stracciava gli accordi di libero scambio con l’Europea per rigettarsi tra le braccia della dittatura di Putin.

Un governo che inviava le forze speciali della polizia a disperdere la folla e queste intervenivano e manganellavano tutti, uomini, donne, vecchi e bambini e sembrava finita lì, invece le persone resistevano, erano tassisti, avvocati, operai, medici, gente comune che non voleva rinunciare al proprio futuro e a quello dei loro figli.

Ho pensato che se fossi stato lì, dopo la prima terribile carica delle forze speciali, con tutte quelle teste spaccate e il sangue per le strade me ne sarei scappato terrorizzato a casa dalla mia famiglia e mi sarei chiuso dentro, ma io ragiono come un uomo occidentale che ha tutto da perdere, mentre loro no e infatti la protesta non si è fermata ed è arrivata sempre più gente dalle periferie, dalla provincia, dalle città vicine e il governo ha avuto paura e la polizia ha cominciato a sparare e uccidere i ragazzi, le donne, i manifestanti disarmati. Sui tetti sono spuntati i cecchini che giocavano al tiro al bersaglio, sparando su tutti, anche sui soccorritori, sulla Croce Rossa. Sono scene strazianti con la gente che si riparava dove poteva ma non scappava e cantava l’inno nazionale e perfino io, che gli ideali sì, ma ‘sto concetto di patria non è che mi abbia mai emozionato particolarmente, non sono riuscito a trattenere le lacrime.

La guerra in Ucraina è figlia di questa protesta di questa gente che vuole essere europea, che in quattro mesi ha fatto scappare a Mosca il presidente filorusso Janukovyč e permesso di indire nuove elezioni. Subito dopo sono arrivati gli attacchi russi in Crimea e in Donbass e oggi l’atrocità della guerra è sotto gli occhi di tutti e non ha alcuna importanza se la propaganda degli uni è peggiore della propaganda degli altri, lì la gente sta morendo perché ha deciso di vivere in un modo e in un mondo che non piace a Putin.

Qualcuno dice che l’occidente, gli Usa, l’Europa, la Nato sono responsabili di tutto questo. Probabilmente lo sono in parte, per varie ragioni e con implicazioni diverse. Altri sostengono che non si stia facendo abbastanza per la pace, perché alla fine questa guerra conviene a molti e anche in questo c’è del vero, ma da qui a giustificare con quell’odioso incipit “non sono putiniano ma…” l’aggressione militare russa e arrivare perfino a innalzare la dittatura di Putin a baluardo contro la fantomatica agenda globalista, è davvero miserabile. Vaffanculo e viva l’Europa e quello che rappresenta.

Destinazione futuro

Commuove l’opinione pubblica l’attaccamento dei siracusani al ponticello ferroviario di via Agatocle, demolito per errore da un progettista megalomane nel tentativo di allargare la rotatoria di largo Gilippo, la più grande del mondo. 

Lo sconcerto dei cittadini non è passato inosservato a Palazzo Vermexio che nel corso di una riunione straordinaria nel cuore della notte, ha deliberato, finanziando con fondi Pnrr, che sulle macerie del ponte venga costruito un museo con foto d’epoca e  percorso olfattivo che ricordi la storia dell’infrastruttura, dalla sua nascita alla trasformazione in latrina. Il Museo sarà affiancato da un enorme chiosco bar con panineria che sorgerà sul nuovo grande marciapiede e verrà affidato ai volontari dell’associazione Tappami.