Non siete stanchi di suonare per la dodicesima volta davanti a vostro cugino la cover della Mannoia che non vi viene nemmeno così bene?
Nel tentativo di mediazione tra i diritti all’espressione artistica e alla movida e quelli alla tranquillità e al giusto riposo di chi l’indomani deve andare a lavorare, si tralascia – oltre a regolamenti e leggi (il decibel è unità di misura internazionale tranne a Siracusa) – un elemento fondamentale e per quanto estremamente soggettivo, assai dirimente: ma non è che 9 volte su 10
suonate di merda?
No, perché secondo me, in questa faccenda, l’aspetto qualitativo ha un peso gigantesco. Con tutto il rispetto per chi si guadagna il pane suonando (l’ho fatto per anni), sono convinto che propinare 2 ore di cover arrangiate in maniera discutibile, suonare con le chitarre scordate calanti, montare il piatto china e la doppia cassa per il live in pizzeria, portare avanti il dogma della tonalità originale che tante vittime ha mietuto e tante continua a mietere tra gli spettatori incolpevoli… beh, tutto questo una ripercussione devastante sull’ambiente che ci circonda effettivamente ce l’ha. Qualcuno ci ha pensato?
Cordialità
“Facciamo pezzi nostri… un rock-indie fusion molto duro e urbano, con venature trap-industrial… ma a bossa nova, in un percorso che va dalla rivisitazione del punk mediterraneo a pulsazioni da Buddha Bar”.
Poi aprono la serata al pub “Jolly Roger” di Fano con il cantante che all’ultimo momento fa (nel microfono): “oh raga facciamola un tono sotto”.
Testi del tipo:
Guerre di condominio
Spiazzano il tuo sapere
Dolci come cadaveri
Ignari del potere.
Vaganti disperati
Assediano i tuoi pallloni
Televisioni rancide
Che tritano i coglioni.
E su “coglioni” parte l’assolo di chitarra. 20 minuti.
Grazie no.
Vado a sentirmi una cover band dei Blues Brothers.
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Meraviglioso!
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