Quello che colpisce di più della vicenda Crocetta non è il contenuto dell’intercettazione, né il silenzio del Governatore, né la macchina del fango, il vittimismo, i pianti, gli indignati o la meschinità con la quale si
passa in una frazione di secondo da zerbino del potente a pilastro di moralità. Quello che colpisce sono le frequentazioni di questo tipo di politica. È inammissibile che le cariche istituzionali si circondino di faccendieri, arrivisti, corrotti, traffichini e intrallazzatori. Perché scandalizzarsi? Cosa si pretende che dica questa gente? Vere e proprie corti settecentesche senza qualità se non quella di curare i rispettivi affari alla faccia della collettività. Impotenti, assistiamo alla composizione dei Gabinetti, alla scelta di Assessori, in una logica che perpetra questo sistema e questa concezione di occupazione del potere. È questo il fallimento. Impietoso. Come impietosi sono i proclami sdegnati di quella politica che con una mano punta il dito scandalizzata e con l’altra conta i posti di sottogoverno…
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La partita di giro della spending review
Ma chi è il freelance? Che fa? Io lo sono e ho una sola certezza. Quando devo pagare l’IVA tutti si prodigano a spiegarmi che si tratta solamente di una partita di giro. Ma quando sono io a staccare una fattura e scrivo l’importo “+ IVA”, provoco reazioni scomposte, alcuni cominciano a negarsi al telefono, altri mi guardano male e qualcuno mi insulta pesantemente. Non è per buttarla sempre sulle differenze tra Nord e Sud Italia, ma fare il freelance da queste parti non è cosa semplice. Da queste parti è il Sud.
In una regione che ha fatto delle sovvenzioni pubbliche la fonte di sostentamento di milioni dei suoi abitanti, è inevitabile che il freelance si rivolga al settore pubblico per sottoporre progetti e sbarcare il lunario. L’impresa privata, sebbene sia più dinamica e smart, con le idee chiare e orientate al profitto e che si definisce 2.0 (anche se ne ignora il significato) rappresenta un’esigua fetta di mercato che tende a difendere la convinzione che il freelance debba lavorare gratis, solo per farsi pubblicità. Il sistema clientelare che ha dominato quest’isola ha inevitabilmente inculcato nella testa di molti freelance la convinzione che si possa sopravvivere solo bussando alle porte degli assessorati, facendo affidamento su un sistema fondato sul così detto “finanziamento a pioggia”. Nel bene o nel male, ma sempre in percentuale al partito o al politico di riferimento, tutti potevano essere rinfrescati da una spruzzata di fondo pubblico. Quelli fuori dal sistema agognavano qualche goccia come i gerani sui balconi degli studenti del Dams. Come dimenticare gli anni dei tavoli tecnici su qualsiasi argomento, delle consulenze d’oro sullo stato di salute della lattuga iceberg, dei direttori creativi che proponevano la compagnia di teatro del lontano parente di Johnny Dorelli o una cover band dei New Trolls con cachet che neanche i New Trolls di Aldebaran?
Nel frattempo la rivoluzione crocettiana ha lasciato dietro di sé tre rimpasti di governo e miliardi di consonanti sbagliate; quella renziana sembra impegnata nel rimpolpare le sue fila con quelli che dovrebbe rottamare; del centrodestra del 61 a 0 è rimasto solo lo 0,8 e i Cinque Stelle continuano a invitare a cliccare su un link che rimanda a un blog che apre un sito dove è caricato un video che denuncia qualcosa ma non propone alcuna soluzione. Senza contare che l’autonomia dello statuto siciliano continua a essere una disgrazia per tutti quelli che sognano una Sicilia commissariata da un paese scandinavo che ne prenda il potere e cominci una lenta opera di moralizzazione e civilizzazione delle amministrazioni e dei cittadini, anche a costo di vietare il pusillanime cannolo, la vile cassata e di sostituirli con la virtuosa aringa affumicata.
Grazie ai rimbrotti dell’Unione Europea, che implorava di spendere correttamente i fondi europei che erano stati stanziati, il freelance ha creduto in un cambiamento proficuo, in una nuova era di giustizia e meritocrazia, ma non aveva fatto i conti con la spending review. Un’espressione che, prima di essere metabolizzata, ha subito qualsiasi tipo di maltrattamento fonetico e linguistico: dalla sostituzione stocastica delle consonanti d, t, g, c allo scivolamento estremo degli accenti. In un bar l’ho sentito confondere con un’agenzia di rating: la Spending & Review. Per il freelance abituato a sopravvivere in una terra di sprechi evidenti come le crepe dei viadotti della Palermo-Catania, questo concetto assumeva un significato di pulizia, bellezza e innovazione. Un’idea forte che faceva presagire un brusco stop agli sperperi, un oculato riordino della spesa e una prospettiva di cambiamento. In poco tempo, come accade da queste parti, quando il fragore si placa e tutto tende a tornare com’era, la spending review si è trasformata in qualcosa di diverso, di subdolo, diventando la scusa per eccellenza, la maledizione per il freelance che sviluppa progetti per l’amministrazione pubblica.
– Buongiorno, sono passato dopo circa 137 tentativi andati a vuoto di mettermi in contatto con voi telefonicamente.
– Il giovedì non riceviamo per telefono!
– Sì, lo so, infatti avevo chiamato venerdì e poi martedì e mercoledì.
– Ma venerdì era venerdì santo. Prima di Pasqua.
– Perché, eravate chiusi?
– No però…
– Comunque. Senta, volevo sapere se l’assessore si è poi espresso in merito alla mia proposta sul ciclo estivo delle Sinfonie mahleriane.
– Mi dispiace ma la risposta è no. Non ci sono i soldi.
– Ma il mio ciclo di sinfonie è praticamente a costo zero tranne che per alcune spese veramente basilari che riguardano aspetti della produzione.
– Mi dispiace ma proprio quei costi non li possiamo supportare.
– Lo capisco, ma sono dieci sinfonie di Mahler più il Das Lied von der Erde… io non so, ma, meno di così…
– Quest’anno i fondi sono andati su cose più tradizionali: il mercatino di Natale, la casa di Babbo Natale, la notte della Befana… cose così. Se ne faccia una ragione, c’è la spending rewiew non ha sentito? Noi le mani legate abbiamo.
– Che peccato, il lavoro di un anno intero… Senta, per liquidare la mia fattura come facciamo? Erano cinquecento più iva.
– No! Cinquecento iva inclusa.
Breviario figure retoriche per dire la propria sul caso Gettonopoli
Allitterazione: ripetizione di una lettera o sillaba in parole successive. Es.: Basta bastaddi coppi di bastone ci vogliono…
Crasi: è la contrazione di una vocale o di un dittongo alla fine di una parola con una vocale o dittongo all’inizio della parola seguente. Es.: Fallo dimettere a su testiminchia!
Iperbole: consiste nell’esagerazione nella descrizione della realtà tramite espressioni che l’amplifichino. Es.: Si futteru scientuscinquanta miliuni ri euro tutti di gettoni d’oro
Ossimoro: antitesi di parole differenti fra loro che vengono accostate per dare un senso paradossale. Es.: Mischini, senza gettone nun ponu campare…
Ellissi: all’interno di una frase, consiste nell’eliminazione di alcuni elementi al fine di dare al periodo concisione e coesione. Es.: Ora viremu a Procura…
Antonomasia: consiste nel sostituire un nome proprio con un nome comune o una perifrasi; oppure, viceversa, sostituire un nome comune con un nome proprio o una perifrasi che ricordi in modo univoco la qualità della persona o cosa stessa. Es.: Il capogruppo o un suo delegato per (inserisci il nome del tuo consigliere comunale preferito)
Prosopopea: quando si attribuiscono qualità o azioni umane ad animali, oggetti, o concetti astratti. Es.: State fanno piangere questa città, tutte cose vi siete manciati
Perifrasi: sequenza di parole per indicare una persona o una cosa. Es.: Talé a chissu, sa futtutu tanti ri ssi gettoni ca mi sta parennu na cabbina ro telefono
Pleonasmo: espressione che non aggiunge niente, qualitativamente, nella frase in cui è inserita. Es.:Chi spacchiu mi nni futti a mia?
Antitesi: contrapposizione di idee espressa mettendo in corrispondenza parole di significato opposto o in contrasto. Es.: Ittati vuci, ma picca budello!
Preterizione: figura retorica che consiste nel fingere di voler tacere ciò che in realtà si dice. Es.: Non ti rico u buddellu ca sta succerenno na su palazzu!
Polisindeto: consiste in una sequenza molto marcata di congiunzioni fra due o più parole. Es.: Rapi u giunnali e ci su i gettoni, i rimbossi, i soddi, i bullette, i bandi, i proroghi…
Onomatopea: è un vocabolo o un’espressione che tenta di riprodurre per mezzo del suono una determinata imitazione. Es.: Chiddi ra Finanza sana misu a lima sudda… e zuchiti zuchiti zuchiti.
Epanortosi: consiste nel ritornare su una determinata affermazione, vuoi per attenuarla, vuoi per correggerla. Es.: Chisti su pazzi. Pazzi? Su scattiati.
Allusione: figura retorica consistente nel dire una cosa per farne intendere un’altra. Es.: Dice che hanno fiducia nell’operato della magistratura…

