Il signor Loforte, il mastro che mi sta rifacendo il bagno, ha intonato gioioso, per quasi due ore consecutive, “Così piccola e fragile”, il capolavoro di Drupi e “Più bella cosa” la hit di Ramazzotti. La cosa mi è sembrata bizzarra perchè nei due giorni precedenti il Mastro era stato schivo, di poche parole, molto concentrato sul lavoro e per nulla propenso a distrazioni di qualsiasi tipo. A fine giornata, senza proferire parola, mi indicava con la mano le cose fatte: il nuovo scarico, la cassetta della luce, il rasante. Del resto, quando chiesi al titolare dell’impresa a cui ho appaltato i lavori, che confidavo in un intervento pulito e indolore, lui mi aveva risposto: “Cetto! Le manto Loforte: grante esperienza, preciso, pulito e assistimato. Manco l’acqua ci chiede.”. Ora, per me quello dell’acqua non sarebbe stato un problema, volevo solo assicurarmi che, visto che io in quella casa ci lavoro, i disagi sarebbero stati minimi. L’appaltatore non si è scomposto: “Loforte iavi quacche sessantatrianni, ci fazzu fari sulu i cosi puliti puliti… travagghia bonu e si sta muto”. Ho aspettato che Loforte facesse una pausa e l’ho raggiunto sul balcone mentre si stava gustando a pieni polmoni una MS mild, mi sono avvicinato e gli ho detto: “Com’è signor Loforte, stamattina siamo felice e gioiosi?”. Lui mi ha sorriso timidamente e ha detto: “Eh…l’amore.”.
amore
L’amore ai tempi del Gilera
Lo scooter con marmitta elaborata entrò a velocità sostenuta alla Marina. Era un tardo pomeriggio e il sole stava per lasciare spazio ad una luna timida e sfocata. Il pilota schivò qualche passante e posteggiò in bella vista. Dal mezzo scesero in due: lei, vestitino bianco e coprispalla fucsia, calzava delle scarpe tipo espadrillas ma con molto tacco; lui indossava uno sfrontato abito in poliestere grigio luccicante, con una giacca oscenamente corta e una scarpa stringata a punta di diamante. Il sole tramontava, i due si sorrisero, si sfiorarono quasi imbarazzati, poi lui prese coraggio, la fissò negli occhi e indicando lo scooter le disse: “ouh, mettici a catina”.
Galantuomini
– Excuse Me, Officer…
– Aspettare preco, plis uan moment, prima finire qui, contravvenzione.
– …
– Preco miss, ora parlare, dove posteggiare lei plis? Qui solo resident. Ottiggia.
– I left the car on the right side, just a few dozen steps ahead. Please could You help me? I left inside it my wallet, my passport and my luggage. Has the car been stolen? Please, I don’t know what to do, help me.
– Ok, ok, No probblem, ora io spiegare. Allora, eschiusmi plis, deris the car?
– … Over there…
– Quindi the car deris? Qui? Lato mare ha detto? Se era qui ormai rimossa, Ri-Mu-Ved.
– Did the police remove the car? But… Why?
– Yes, yes. Qui divieto! Solo resident. C’è il cattello. Ormai macchina portata via: deposito, via Olivieri, Teatro Greco, zona atta, viale Teracati… lì vicino.
– Oh my God! But… how can i get to the garage? Ehm… Comi andari noi? a piede vicino?
– Nain, a piedi lontano. Meglio tacchìssi… 10 minuti.
– It’s a big trouble! My wallet is in the backpack inside the car.
– You monei in de car? Non avere soddi?
– I’m so sorry but…
– (Rivolto al collega) Senti, chi facemu? A cummpagnamo nuautri? Avanti va, mischina…
– (collega) E avanti, fall’acchianare…
– Ehm… Signorina… miss, ok, no probblem, andare macchina insieme… cam tugheder.