Usa e abUsa, impietosi confronti e shock emotivi

Vivendo ad Ortigia, nella giungla del parcheggio selvaggio e nella totale assenza di regole e controlli (se non per le multe a sprovveduti turisti del nord Europa, talmente allampanati e spiazzati dalla bellezza di quel lungomare da non leggere o interpretare neanche i cartelli di divieto) subisco sempre uno shock emotivo quando mi reco all’estero. Il ritorno poi, impone sempre confronti impietosi. Della provincia americana mi porterò dietro tre cose. La prima riguarda il parcheggio. Qui da noi, anche in presenza di stalli (spesso thumb_IMG_8586_1024tracciati con inchiostro simpatico) che delimitano gli spazi, parcheggiare è quasi sempre una prova di ingegno, un tentativo azzardato, una scommessa. “Aspetta, aspetta, fossi ca ci trasu” oppure “scinni, scinni, fammi fari a manovra” e ancora “iu a lassu misa accussì, in diagonale, num’antaressa”. Lì no. Se c’è uno stallo libero c’è un parcheggio per te. E non è questione di grandezza di auto perché da quelle parti, gli stalli sono disegnati sull’asfalto per contenere anche il più gigantesco dei pick-up, è che tutti, dalla casalinga con la jeep al malacarne con la Mustang convertibile, parcheggiano rispettando le regole.

La seconda cosa riguarda gli uffici del turismo dei piccoli centri. Strutture imponenti, organizzatissime, zeppe di materiale informativo su alloggi, ristorazione, svaghi, servizi, escursioni, tutto. A capo, di solito, delle nonnine volontarie: sorridenti, preparatissime, gentilissime, in divisa. Hanno da mostrarti solo due fari, un promontorio e una chiesa paragonabile a quella di Bosco Minniti ma che per loro ha un valore architettonico inestimabile. Svolgono il loro volontariato come se ne dipendessero le sorti del mondo. Da noi, se ti va bene, c’è un custode in borghese, annoiato, che cerca di spiegarti usando verbi all’infinito (non sapere, potere, andare) che le piantine di Ortigia sono terminate e che si, c’è una navetta per la zona archeologica, ma non ci sono orari ufficiali.

L’ultima cosa è l’etica del lavoro. Tutti, dal manager all’inserviente dei bagni, svolgono il proprio lavoro con zelo. Non li vedi sbracati con i colleghi, non li vedi fuori a fumare, e se si lamentano della propria condizione sicuramente non lo fanno nelle ore di lavoro e non te lo danno a vedere. Perché lì, come mi ha spiegato un amico americano, l’etica del lavoro è tutto. Se non dai il massimo, se non ti impegni, prima vieni emarginato dal tuo team, poi, sei fuori. E la cosa vale ancora di più se lavori nel settore pubblico.

Il fatto è che hai trascorso due settimane in un luogo civile e ti sei arrovellato sul perché dalle tue parti non possa funzionare così. Le strade sono pulite, le aiuole curate, i ristoranti hanno dehors educati, i negozianti sono gentili e ti chiedono come va, la gente dispensa sorrisi per strada. Eppure anche da quelle parti hanno i loro problemi: la società americana è spietata, licenzia, sfratta e mette in galera con una semplicità disarmante. Nonostante gli Usa siano un Paese fondato su contraddizioni sconvolgenti, il senso civico è forte e ben radicato nella maggior parte della popolazione.

Si tratta dunque di un problema politico e amministrativo o di un profondo gap civile e culturale? Il populismo imperante tende ad accusare la politica come suprema causa di ogni male. Una tesi anche condivisibile, se si pensa alla terribile lentezza e all’incapacità con cui questa affronta i problemi e tenta di risolverli, ma che non prende in considerazione le responsabilità dei cittadini. Le strade sporche e la spazzatura gettata per terra, i parcheggiatori abusivi, i venditori abusivi, le guide turistiche abusive, i barcaioli abusivi, le auto in quinta fila, le lentezze e il menefreghismo degli uffici pubblici, il pesce fritto sulla Porta Spagnola, la mancanza cronica dei controlli, l’evasione fiscale, il malaffare generalizzato e i loschi sistemi politico-economici non potrebbero esistere senza la nostra complicità. Ci lamentiamo di tutto ma poi, quando qualcosa può cambiare il nostro gretto modo di vivere, siamo i primi a fare un passo indietro ed a lasciare tutto immutato. Viviamo in una società apatica e cinica che penalizza solo chi osserva le regole. La differenza è tutta qui, da noi si nicchia e si abbozza, lì ci si indigna e si pretende.

Abbiamo smarrito il senso di responsabilità civile che impone al ristoratore del Maine di non gettare nel cassonetto della piazza della cittadina, quarantacinque chili di carcasse di aragosta pur di liberarsene, ma di conservarle ed aspettare l’apposito ritiro, perché alla faccia degli stereotipi e degli ossimori, nella società della proprietà privata il bene comune è sacro.

Noi qui a riempirci la bocca con il Teatro Greco, gli spaghetti coi ricci, la granita di mandorla ed i consorzi pro turismo, continuiamo a gettare con disinteresse pacchi di Mabboro lait dal finestrino della macchina; loro, con il ketchup a colazione, i fettuccini salsa Alfredo si sono già organizzati, hanno raccolto quel pacchetto e sono sempre pronti a venderti il bel quadretto del sogno americano.

Il parcheggio de “El Cubano”, la meravigliosa danza del caos

Chi è stato in estate a Siracusa almeno una volta, deve esserselo chiesto: ma come funziona? Quali leggi della fisica lo regolano? Sto parlando del parcheggio de “El Cubano”, un luogo che ha spaventato persino la comunità scientifica internazionale, che pur di non rispondere a queste semplici domande e cambiare le sorti del mondo, ha preferito studiare il bosone di Higgs.

ingorgo-stradale-dell-automobile-18955907Sappiamo che l’automobilista siracusano anche quando è in possesso di regolare patente di guida, sconosce il significato dei cartelli stradali e li interpreta alla bisogna. Accelera se deve dare precedenza, frena quando dovrebbe impegnare l’incrocio; si confonde nelle rotatoie – che si ostina a chiamare “rotonte” – non segnala mai la svolta con la freccia, parcheggia in seconda fila e, se la strada è abbastanza stretta da creare disagi agli altri automobilisti, non disdegna la terza. Se ad un semaforo deve svoltare a sinistra, occuperà la corsia di destra e viceversa. Intervistato in maniera anonima, il 59% degli automobilisti ha dichiarato di credere nel Dio cristiano e di rifiutare categoricamente le altre religioni monoteiste e il codice della strada; il 15% confonde il codice della strada con la legge del Taglione; il 10% si definisce scettico e ritiene che il divieto di sosta non vada applicato a chi ha lasciato l’auto in uno stallo invalidi o davanti un passo carrabile, se il guidatore si è allontanato per prendere un caffè o acquistare sigarette e gratta e vinci; il 9% ha rinnovato almeno una volta l’assicurazione RCA; il 7% non sa, non risponde.

Questo scenario apocalittico genera il caos che viviamo quotidianamente in città. Ma come è possibile che gli stessi automobilisti generatori di caos, inseriti all’interno del parcheggio de “El Cubano” – un rettangolo di asfalto senza regole, senza stalli disegnati sull’asfalto, senza cartelli ne strisce divisorie – ne escano indenni e più facilmente che da un parcheggio con regole ferree? Il mistero è inspiegabile eppure tutto scorre senza intoppi.

Se si osserva con distacco, quello che viene fuori è una meravigliosa danza celestiale: le auto entrano ed escono cariche di vaschette di gelato, i caffè corretti scaldano gli stomaci dei guidatori e li aiutano nelle manovre più impensabili, i motociclisti defluiscono sicuri con una granita con brioches in una mano e il casco nell’altra. Tutto sembra essere regolato da leggi divine. All’interno di questo microcosmo, persino i turisti stranieri si lasciano trasportare dalla naturalezza del caos. Alcuni di loro, intervistati, hanno dichiarato di aver vissuto uno stato alterato di coscienza, come se qualcosa di sovrannaturale li avesse guidati a spingersi oltre, a sfiorare la Panda rossa e fermarsi di traverso davanti all’entrata del bar, consegnando quel gesto, all‘ineluttabile e commovente danza del caos.

Fenomenologia ed eterno ritorno del vigile urbano in una città a vocazione turistica

Il vigile urbano alle prese con le richieste di chiarimento della turista inglese in merito alla rimozione della sua autovettura mostra tutta la sua fragilità. Dapprima utilizza, scandendolo con tono perentorio l’infinito, perché nell’immaginario questa forma verbale è il passepartout per tutti gli idiomi.

Aspettare preco, aspettare plis, uan moment, prima finire qui”.

10676398_10205092533582693_8074606812451449399_nPoi, rivolto alla collega, vira sul dialetto e quasi sottovoce bofocchia: “Mmm n’autra nglisa. Oggi è a tezza ca mi capita. Ma chi fici ri male iu?”.

Nglisi, insieme a russo e cinisi, forma le macrocategorie geopolitiche in uso a queste latitudini. Nglisi equivale genericamente all’Europa occidentale, Oceania ed America del Nord; con la macrocategoria Russo si intendono le popolazioni dell’Europa orientale ed in generale i biondi; con Cinisi, l’intera Asia.

Preco, parlare, dove posteggiare lei plis? Qui solo resident. Ottiggia”.

La turista cerca di spiegarsi, di farsi capire a gesti ma inevitabilmente la barriera linguistica è insormontabile. Il vigile urbano comincia a guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno che possa tradurre le istanze della signorina e facilitare la comprensione, ma la strada sembra un deserto. L’uomo sa di essere dalla parte della ragione ma allo stesso tempo percepisce l’angoscia della giovane turista che teme che la sua auto a noleggio possa essere stata rubata.

Allora deglutisce e si lancia: “Eschiusmi mister plis”. Indica la fila di auto parcheggiate alla sua destra, unisce la punta delle dita di una mano e muovendo il polso su e giù si esibisce in un trionfale: “Deris the car?”.

La malcapitata, con le ultime forze fa segno di no, cerca di dire qualche parola, per un istante sembra anche infastidita, ma lui la incalza: “Deris the car? Deris? Qui? A destra? A Left? Deris the car signorina? Se era qui ormai è stata rimossa e pottata a paccheggio, via Olivieri, Teatro greco, viale Teracati… lì vicino”, mimando con la mano la strada da fare a piedi.

La ragazza è confusa, non ha capito niente, saluta e imprecando sottovoce si allontana, presumibilmente verso il suo alloggio alla ricerca di qualcuno che possa farle capire. Il vigile urbano allarga le braccia dispiaciuto, avrebbe voluto aiutarla veramente, farle capire che trovandosi in zona rimozione la macchina è stata sicuramente rimossa e che avrebbe dovuto fare più attenzione. Si rivolge alla collega e vulnerabile dice: “Certo ca stu inglisi però navissimu nsignari…” e la collega, che ha assistito a tutta la scena senza intervenire, replica fatalista: “Oramai è troppo tardi chi ta nsignari…su i turisti c’avissiru a sapiri l’italiano”. I due stanno per risalire a bordo della loro auto quando un omaccione biondo si sbraccia per catturare la loro attenzione: “Excuse me officer”.

No! Macari u russo. Ma nun potti finiri sta iurnata…” .

Porci l’altra guancia

Senza senso civico non si va da nessuna parte. Inutile riempirsi la bocca con il passato millenario di questa città quando poi gli atteggiamenti di ognuno di noi, cittadini ed istituzioni, sono esclusivamente mirati al tornaconto personale e alla strafottenza nei confronti di ciò che dovrebbe essere di tutti. Lasciare spavaldi Uno-spiccato-senso-civicoil SUV a metano in tripla fila bloccando gli altri automobilisti perché: “Ma cchi cazzo soni? Pi 5 minuti ca lassai a machina ca” o saltare la fila perché: “tranquillo mpare, ho fretta” (geniale); sono atteggiamenti che evidenziano la totale mancanza di rispetto per gli altri. Che una percentuale variabile di popolazione possa comportarsi in questo modo, per ignoranza o per gretto beneficio, è nell’ordine delle cose. Ma che, chi dovrebbe vigilare e sanzionare questi atteggiamenti, faccia finta di niente è un fatto gravissimo. Le leggi e regolamenti vanno rispettati ma certe volte lo si fa con grande fatica. Differenziare i rifiuti è una rottura pazzesca, ma in un’ottica di risparmio e di salvaguardia dell’ambiente, lo si fa con impegno. Sfrecciare sulla corsia di emergenza dell’autostrada, superando strafottente tutti gli automobilisti in coda per accaparrarsi prima degli altri un pezzo di salsiccia alla grigliata della domenica è il sogno proibito di molti di noi, ma il concetto di emergenza non è legato a quello di salsiccia. Forse è un pensiero meschino, ma quando qualcuno viene sanzionato per queste infrazioni, idealmente, viene lanciato un messaggio di luce e di speranza a chi le regole le segue e a tutta la città. Una speranza che mi porta a credere che prima o poi anche tu, vigile urbano annoiato, quando ti segnaleranno che dietro l’angolo, il signore con l’ape sta scaricando nel cassonetto quintali di laterizi, gonfierai il petto e come se ne dipendesse il tuo onore, ti precipiterai a bloccarlo anziché rispondere: “io sono al servizio carro attrezzi, deve chiamare la polizia ambientale e fare la denuncia…”.

Ne resterà soltanto uno

Essendo un forte sostenitore della vocazione turistica di questa città, accolgo sempre con piacere lo svolgersi di iniziative culturali, sociali e sportive, anche quando queste non si avvicinano ai miei gusti o mi IMG_6178creano disagi gretti e mediocri come il parcheggio dell’auto. Ben vengano quindi le iniziative sportive come il trofeo ciclistico Mario Cipollini. Un’ordinanza comunale e i cartelli affissi qualche giorno prima ai lati delle strade interessate, segnalavano il divieto di sosta e la rimozione coatta dalle 12:00 alle 19:00. Come moltissimi siracusani quindi ho spostato l’auto perché nonostante tutto, da recidivo (è già successo per la scala di Cala Rossa e per le riprese delle fiction) sono convinto che le regole vadano rispettate e che il senso civico – concetto sempre più bistrattato e sconosciuto – sia alla base del rispetto reciproco e del vivere meglio. Ancora una volta invece, insieme agli altri eroi che rispettano le regole, mi sono sentito un tristissimo idiota idealista. Non tanto perché altre persone hanno deciso, scientemente o no, di non spostare la propria auto, ma perché la polizia municipale, che dovrebbe garantire il rispetto delle regole e sanzionare chi le disattende, non ha fatto rispettare l’ordinanza non rimuovendo, ne multando le auto in divieto. Il grado di civiltà di una città si misura anche da questo. Il cittadino disobbediente, strafottente o rincoglionito ha tutto il diritto di infrangere una regola ma le istituzioni hanno l’obbligo di sanzionarlo. Questa maniera tutta siracusana di fare spallucce, di bofonchiare “ma che ci possiamo fare se non le spostano?” o “vabbè, l’importante che qualcuno l’ha levata” o “ma lei picchi ha luvatu a machina, nun u sapi ca tantu poi i viggili nun fanu nenti?” è offensiva e inaccettabile. La prossima volta, il manipolo di coglioni rispettosi delle regole a cui appartengo perderà dei pezzi che andranno a rimpolpare le fila degli “spetti” e degli “spittuni”, fino a quando… ne resterà soltanto uno.

Rappresentazioni classiche, il siracusano è servito

Al via le “giornate siracusane” della Fondazione Inda, sei appuntamenti dedicati ai cittadini residenti che potranno avvalersi di importanti agevolazioni in chiave siracusana. Dopo una mirata ricerca di mercato, sondaggi tra la popolazione e un torneo di pari e dispari tra i componenti del Cda Inda, ecco le proposte lanciate dalla fondazione:

Inda Drive In

L’attaccamento del siracusano alla propria macchina è leggendario, per questo motivo il secondo martedì di giugno, avrà la possibilità di entrare comodamente con la propria auto nella cavea del V secolo e di godersi lo spettacolo seduto all’interno dell’abitacolo, appagando così uno dei sogni più inconfessabili. L’automobilista potrà strombazzare il clacson per sottolineare l’intervento del deus ex machina, sgasare a più non posso per dimostrare apprezzamento per il coro o, se completamente coinvolto nella storia, segnalare all’eroe intrighi e agguati ad opera dei suoi antagonisti con gli abbaglianti.

Mezza porzione

Per troppi siracusani una tragedia intera è troppo. Per questo motivo i vertici Inda hanno deciso di proporne una versione ridotta. Il terzo giovedì di giugno, il pubblico siracusano potrà recarsi normalmente a teatro, accomodarsi nel posto assegnato e godersi quella che a tutti gli effetti sembra una normale tragedia. Dopo circa 40 – 45 minuti, ad un cenno concordato del regista, il protagonista morirà improvvisamente o farà ritorno alla sua isola natia e dagli altoparlanti partirà a tutto volume la sigla della Champions League. Il Siracusano, preso alla sprovvista, si sperticherà in applausi e si lancerà in ardimentosi “bravi”, gridati con nonchalance  e “forza Eschilo”, ritornando poi a casa felice.

Scolaresche

Il primo lunedì di giugno sarà la volta delle scolaresche aretusee. Dato il disinteresse millenario degli studenti siracusani per gli spettacoli classici, la Fondazione Inda – dopo essere stata visibilmente colpita dalla composizione datata 2012 d.C. raffigurante l’incisione del motto “Savvuccio ama Jennifer” e la secca risposta apocrifa “porci e zauddi” – ha lanciato un concorso a premi dedicato alla migliore incisione con chiodo su monumento. La corretta ortografia non da diritto a punteggio suppletivo.

Sabato dance

Chi ha detto che la cultura classica non ha appeal sul popolo della notte? Con il Sabato Dance, la Fondazione Inda si scrolla di dosso tabù millenari e lancia Ellenika, la prima tragedia live con dj Menelao. Cinque ore di Euripide sparato a 180 bpm faranno tremare le pietre della cavea e le gambe degli avventori. Luci stroboscopiche, pessimi long drink e l’attesissimo match sul fango “Ifigenia vs Medea”, rigorosamente vietato ai minori.

Vip

Solo per certi siracusani! È la proposta Inda per la gente che conta. Abito griffato, calzari tipo antico Egitto, tre etti di pietre preziose e licenza media per lei; completo di lino, mocassino di maialino dei Nebrodi, prototipo google glass e avviso di garanzia per lui. I vip siracusani sono stanchi di contendersi un cuscino o un biglietto gratis, pratica ormai ritenuta troppo volgare. “Se la cultura ci vuole sa dove trovarci” aveva dichiarato il presidente del Circolo Caviale Aretuseo prima di essere posto agli arresti domiciliari. Per non scontentare questa fascia di pubblico, la Fondazione Inda dedica loro il secondo venerdì di giugno. Per l’occasione attori e maestranze si sposteranno sulla cavea per fare spazio sul proscenio a tavoli di Bridge, Chemin de fer, Black Jack e Burraco.

Pensionati

Da sempre bistrattati e considerati l’ultima ruota del carro, ai pensionati viene dedicato l’ultimo mercoledì di luglio. A ciclo di rappresentazioni finite, i pensionati saranno condotti con l’inganno all’interno del Teatro Greco, sedati con ingenti porzioni di pizza al taglio salatissima e di vino “pista e ammutta” da 16,5 gradi a temperatura ambiente e una volta annichiliti, saranno costretti a sorbirsi le esibizioni scartate dal programma della kermesse Siracusadamare.

Tramonto ortigiano

Lo scooter montato Leovince si immise a velocità sostenuta nel parcheggio della Marina. Era un tardo pomeriggio di giugno e il sole stava per lasciare spazio ad una luna timida e sfocata che avrebbe portato con se il fresco della sera. Il pilota schivò qualche passante e posteggiò tra le auto e l’inizio del marciapiede. Dallo scooter scesero in due: lei, vestitino bianco e coprispalla fucsia, calzava delle scarpe tipo espadrillas ma con molto tacco; lui indossava un coraggioso abito in poliestere grigio luccicante con una giacca oscenamente corta e una scarpa stringata a punta di diamante. Il sole tramontava, i due si sorrisero, si sfiorarono quasi imbarazzati, poi lui prese coraggio, la fissò negli occhi e disse: ouh, mettici a catina.

Ztl quale futuro?

Non si placa la polemica sulla ZTL. Il Comune rilancia e si dichiara pronto a sostituire i semafori ai varchi d’ingresso con dei ponti levatoi che sormonterebbero fossati riempiti da acque reflue ed ex dipendenti Sai8. I commercianti non ci stanno: pronte due proteste eclatanti!
La prima prevede la “scontrinata” un lungo corteo per le vie del centro storico con lo sventolio simbolico di foglietti scritti a penna a sostituire le ricevute mai fatte per via della ZTL e per evasione fiscale.
La seconda, ad opera dell’associazione “Macchina – Dio – Patria” mira a chiudere il centro storico ai pedoni considerati ostacoli per la guida nelle stradine di Ortigia. “Finiscono spesso sotto le ruote e si incastrano nei parafanghi – ha dichiarato infastidito il presidente di MDP – quando sono stranieri poi, è difficile anche fargli capire che devono staccarsi”. “Abolendo i pedoni si potrebbero utilizzare i marciapiedi per aumentare lo spazio sosta e garantire a tutti l’ebbrezza di un parcheggio in terza o quarta fila che, va da sé, rimetterebbe in moto l’economia locale”.