Domani mattina, domenica 18 ottobre, alle 11:30, per Marzamemi Book Fest, avrò il piacere di presentare “Stupidistan”, l’ultima fatica letteraria di Stefano Amato edita da Marcos Y Marcos. L’appuntamento è al Cortile di Villadorata a Marzamemi, la puntualità è gradita, la mascherina obbligatoria. Parleremo di Sicilia, siracusanità, immaginari distopici e possibili futuri inquietanti. A chi si presenta con il colletto della polo alzato e con i capelli rasati ai lati e lungi in cima, una copia autografa del romanzo e un buono da due euro per un Gratta e Vinci al tabacchino della ciazza!
cipollina
Senza Quorum
– Ciao Mpare come semu?
– Oh, ciao … tutto bene, grazie.
– A cosa ra Fontana di Diana di ieri m’ha fatto morire re risate!
– Eh, eh, eh. Grazie.
– Stai antanto a votare?
– Sì.
– Io ho già votato. Era u primo! Ouh, mi raccumannu, vutamu bonu ah… mantiamo a casa a sti bastaddi e rispammiamo macari un sacco ri soddi.
– A occhio e croce mi sa che votiamo diversamente…
– Tu voti Sì? A chi spacchiu si… ah ah ah ah! Avà, veramente???
– No, io voto No. Tu piuttosto, da quello che dici hai votato Sì.
– A quale! Io No ho votato?
– Scusa, ma perchè?
– Perché sta casta di merda se ne devono andare a casa. Bonu chiùi.
– Il discorso sarebbe un po’ più complesso di così ma comunque… mi sa che hai sbagliato, dovevi votare Sì. Vedi che il referendum è confermativo, non abrogativo.
– Cioè? Sì per dire No?
– No. Sì per dire Sì. Sì alla modifica degli articoli della costituzione eccetera eccetera
– Aspè, mi sto confontento!
– Non ti confondere, è semplice
– Quinti mi sta ricennu che ho votato per la Casta?
– Se la vuoi vedere così… ma tanto 900 o 600 sempre casta è, non credi?
– Vero è, tutti latri sono e pigghianu quacchi vintimilaeuromisi!!!
– Ben detto…
– E ci pigliano per il culo ca un giorno dicono una cosa e il giorno dopo su rimanciano.
– Non avrei saputo dire meglio…
– Però se i mannunu a casa si rispammiano un sacco di soddi.
– Dicono un caffè.
– Mpare, un café o iornnu su 30 euro o misi… mottiplicato pi tutti l’italiani…
– Un caffè l’anno.
– Minchia di pillirini…schifìo.
– Non ci pensare.
– Vabbè va… pigghiamuni u cafè… offro io.
– Un’altra volta dai… ora vado, stammi bene.
– Ciao mpare, grazie. Sempre nummero 1.
– Ciao e grazie a te.
La Movita
“I sintaco Italia avrebbe a risolvere i pobblemi veri e no crealli.”. Parole di fuoco quelle del comitato Giovani Siracusani Pella Movita, dopo la presa di posizione del sindaco sulla situazione dei rifiuti alla Marina. “A noi, i rappresentanti dei giovani pella movita, sta cosa non ci piace che secondo i sintaco ha coppa e ha nostra accussì, senza prove, senza nenti. Sta cosa che ora, dopo che ci ata costretto a loctaun, a quaranta giorni di quarantena, non ci possiamo bere manco un coctel colla comitiva perchè questa e dittatura. Cioè prima non poteumu manco nesciri cche mutura ho ca zita e ora ca u virus sta morento ci tite che dovessimo essere responzabili è fosse macari stare ai casi? Ma state abbabbianto? Pecchè i sintaco non pensa ha mettere i cestini boni? Unni ano finito i cassonetti ca prima, passanto, ci ittauti a buttigghia ri birra e a catta nsivata? Noi giovani havemu u diritto di fare buddello proprio picchi semu giovani e ha scola pi stannu e finita e cosa dovessimo fare in una città ca e un paisazzu? Sulu a Marina potemu iri e quinti ve la dovete assuppare e starivi muti picchì chista e demograzia!”.

Due anni insieme
Assopanini, Confcavallo, Comune di Siracusa e Noi Albergatori celebrano il secondo anniversario dell’istallazione di “Cavallo Corinzio e Sbizzero”, la scultura entrata nel cuore di tutti i siracusani. Per la critica, l’opera, la cui poetica mette in relazione cultura e sviluppo economico, vuole simbolicamente rappresentare il trait d’union tra mito e sassaemayoness.
Io mancio italiano
La lettura del tuo messaggio, credimi, mi ha riempito il cuore di gioia. Ho riso di gusto come non mi capitava da qualche giorno e per questo ti ringrazio. In tempi duri come questi, la tua offerta commerciale va premiata, affanculo gli errori. Evviva la tua decisione di scommettere sul terziario: una porta che si spalanca sul futuro, una ventata di aria fresca in una città di saracinesche chiuse. Tieniti pronto, accendi quei forni, perchè giuro che lunedì ti chiamo, anzi ti mando un messaggio wutzupp perchè due scacciate cu l’aiti (ce l’hai?) e una teglia di pizza cenuina non me le leva nessuno! Ah, pacherò in contanti… Cordialità.
Svezia, Italia, Ikea, Catania
– Pe questa ci vuole la colleca?
– No, puó dire a me.
– Ah! Mappoi ci abbasta la colleca?
36 ore, Mr. Lo Bello e il New York Times
In effetti ormai è proprio così, c’è un tempo limite, due giorni al massimo, non un minuto di più. Al di là dei gusti soggettivi sui ristoranti dove cenare, i bar dove bere un drink e sulle bancarelle dove acquistare il magnete de “Il Padrino”, il pezzo sul New York Times, per me, ha centrato il punto: 36 ore per ammirarne la bellezza mozzafiato, le architetture barocche e la pietra bianca; 36 ore per perdersi tra i sui vicoli, percorrerne uno a caso e ritrovarsi d’incanto davanti a un tramonto spettacolare o a un alba rigenerante; 36 ore per immergersi nelle acque diafane che la bagnano e poi fuggire via, a gambe levate, scappare il più lontano possibile dai rifiuti, dal puzzo e dagli olezzi, dalla maleducazione, dalla disorganizzazione, dalla disperazione e dall’anarchia di Siracusa, la città vittima di sè stessa.
36 ore sono il limite entro il quale la bellezza ancestrale del luogo riesce ancora ad abbagliare e nascondere tutto il resto: le magagne, le incongruenze, la mutazione antropologica e sociale di un intero quartiere, il suo lento agonizzare tra i tavoli e le sedie spaiate di un dehors e le auto lasciate in doppia e tripla fila.
Quando ho finito di leggere l’articolo, ho pensato al Signor Lo Bello e alla dedizione con la quale, una volta a settimana, esce dal basso in cui vive da cinquant’anni insieme alla moglie: in una mano regge una scaletta, di quelle basse, leggere, d’alluminio; nell’altra, un secchio che contiene quattro dita d’acqua, una pezza e una spugna. Il Signor Lo Bello raggiunge l’angolo della strada e posiziona la scaletta sul marciapiede con le mattonelle saltate via e mai più ripristinate. Con estrema lentezza – il Signor Lo Bello è un uomo anziano – si issa fino al terzo e ultimo gradino, quello più largo, tira fuori dalla tasca sinistra una chiave e con la mano destra apre la vetrinetta in ferro e vetro di una edicola votiva e inizia a pulire meticolosamente un ritratto di S. Lucia. Non so che detergente utilizzi ma quando finisce, tutto intorno profuma di pulito. Deve essere una cosa di famiglia, un segreto di sua moglie, perché anche la Signora Lo Bello non scherza in termini di pulizia. Anzi, quando fa il bucato e lo stende al sole nella piccola corte comune è come essere in paradiso, un profumo antico, inebriante e celestiale si infila sotto gli infissi di casa come un balsamo per l’anima. È un profumo che porta con se ricordi d’infanzia, è semplice ma fiero, armonioso e persistente.
Comunque, da un giorno all’altro, accanto all’edicola votiva, è stata posizionata – bucando la facciata del palazzo – la griglia del tubo di scarico della cappa dell’ennesima friggitoria. La griglia è maestosa e butta fuori i fumi maleodoranti di una cucina turistica con troppo aglio. Un’altra cosa fa la griglia: unge in maniera irriverente – anche per me che non sono credente – il vetro dell’edicola. Un brutto colpo per il Signor Lo Bello che da uomo d’altri tempi qual è, non si è nemmeno chiesto se l’insulso sfiatatoio sia stato autorizzato da qualcuno o se sia stata una “spittizza” del geometra e del ristoratore, del resto, sa benissimo che difficilmente qualcuno verrà mai a controllare, così, per non venire meno alla sua devozione genuina, ha deciso di ovviare al problema pulendo quel vetro e quell’immagine ogni mattina, puntuale, alle 6:45.
Ecco, alla To Do list del New York Times avrei aggiunto solo questo: Saturday, 6:45 a.m – Mr. Lo Bello and the holy box.
Chissà che storia c’è dietro a questa devozione. Mi sono sempre ripromesso di chiederglielo, ma poi non lo faccio mai, non vorrei rimestare brutti ricordi o avvenimenti spiacevoli della sua vita, non so, magari invece non è niente, magari è solamente il suo contributo, piccolo ma inestimabile, alla tutela e alla sopravvivenza di questa città.